Wednesday, April 30, 2008

Ducks and gulls


Una citazione da Watership Down l'ho tenuta a parte, per una anatroccola, o papera che sia, che invece di scoprirsi cigno si è riscoperta gabbiano e ha sentito il richiamo del mare. Nel pezzo sono due conigli che parlano dei racconti di Kehaar, un gabbiano che hanno appena conosciuto. Mi ha sempre colpito il modo in cui la gente cresciuta vicino al mare ne senta la mancanza, si senta mancare il fiato se per un po' di tempo non riesce a vedere quella distesa sterminata d'acqua di fronte a sè. Io sono più uomo d'acqua dolce, cresciuto tra laghi e fiumi. Le regalo anche una canzone, stupenda, di Gavin Clark, Never seen the sea, che dice I came without reason, so bitter, so free. You're born by the river, but you've never seen the sea.

Auguro alla papera-gabbiana che sentire il rumore del mare le faccia ritrovare la sua tranquillità e serenità e vedere orizzonti inimmaginabili, che il cielo grigio di Milano e la corrente alle volte crudele e implacabile dei suoi navigli non lasciano, a volte, intuire.

"He says," said Bigwig, looking very straight at Holly, "he says that a long way from here the earth stops and there isn't any more."
"Well, obviously it stops somewhere. What is there beyond?"
"Water."
"A river, you mean?"
"No," said Bigwig, "not a river. He says there's a vast place of water, going on and on. You can't see to the other side. There isn't another side. At least there is, because he's been there. Oh, I don't know - I must admit I can't altogether understand it."
"Was it telling you that it's been outside the world and come back again? That must be untrue."
"I don't know," said Bigwig, "but I'm sure he's not lying. This water, apparently, moves all the time and keeps breaking against the earth: and when he can't hear that, he misses it. That's his name - Kehaar. It's the noise the water makes."

Watership Down

Watership Down, di Richard Adams, finito dopo lunga lettura, visto che l'avevo iniziato a gennaio. Beh, una lettura lunga e anche impegnativa, però decisamente meritevole. In italiano il libro è più noto come La collina dei conigli, e ho deciso di leggerlo dopo aver visto anche il bel cartone dedicato alle vicende di Hazel, Fiver e degli altri conigli. Quello che mi ha colpito è stata la fervida e potente immaginazione di Adams, capace di lasciarmi, in alcuni momenti, a bocca aperta; e tutte le parti sull'epica e la mitologia dei conigli mi hanno rapito, con le storie di El-Ahrairah, del coniglio nero di Inlè e di Frith. Il coniglio (l'uomo), la notte (la morte) e il sole (Dio). Un po' come le nostre mitologie e leggende. Il personaggio che più mi ha affascinato è stato Dandelion, il coniglio più dotato nel raccontare storie, che si prende il carico di arringare tutto il "branco" di conigli con le storie delle avventure di El-Ahrairah o quelle stesse vissute dal proprio gruppo di compagni contro The Thousand, i mille nemici della vita del coniglio.

And Frith called after him, "El-ahrairah, your people cannot rule the world, for I will not have it so. All the world will be your enemy, Prince with a Thousand Enemies, and whenever they catch you, they will kill you. But first they must catch you, digger, listener, runner, prince with the swift warning. Be cunning and full of tricks and your people shall never be destroyed."


There is a rabbit saying, "In the warren, more stories than passages"; and a rabbit can no more refuse to tell a story than an Irishman can refuse to fight.


Aloud, he said, "Our stories haven't changed in generations, you know. After all, we haven't changed ourselves. Our lives have been the same as our fathers' and their fathers' before them".


Thayli's reply, when it came, was low and gasping, but perfectly clear.
"My Chief Rabbit has told me to defend this run and until he says otherwise I shall stay here."


"If we ever meet again, Hazel-rah," said Dandelion, as he took cover in the grass verge, "we ought to have the makings of the best story ever."
"And you'll be the chap to tell it," said Hazel.

Tuesday, April 29, 2008

Ma insomma...


Isabella...quando arrivi?
Ti stiamo aspettando!

Sunday, April 27, 2008

Trènu, trènu

Trènu trènu che te moevet la cùa,
porta chi che spèci e pö turna a cà tua
(Treno, treno che muovi la coda, porta chi aspetto e poi torna a casa tua)

È da qualche giorno che ho questa canzone in testa. La adoro, perché son sempre stato affascinato dai binari, dalle stazioni, dai treni. I treni sono oggetti sacri, portano persone, portano storie, sanno essere corridoi e palcoscenici. Treni che portano storie, treni che le raccontano, treni che sono storie (e forse il mio posto preferito nel Museo è il Padiglione Ferroviario, con quei treni che mi piace tanto raccontare). E anche le stazioni. La “mia” stazione è quella di Lomazzo. Dista 20 metri dal posto dove è nata e cresciuta mia madre e dal posto dove lavorava ai tempi in cui studiava. Il posto anche che in qualche modo fece conoscere mio nonno (il mio ramo prealpino orobico) e mia nonna. Vivono tuttora lì i miei zii e i miei cugini, su una stradina che dà sullo stabilimento della Somaini. Da piccolo chiamavo quella fabbrica enorme (ora per metà abbandonata, destinata ad esser rasa al suolo per diventare un polo tecnologico) “la Pagoda”. A duecento metri da lì, sulla via parallela alla ferrovia verso Caslino, producono la Spuma 38. La prima volta che ho preso un treno, l’ho preso lì, probabilmente per un’altra stazione che ha contato molto nella mia vita, Como Laghi (o Como Borghi?). A Lomazzo ho preso un’infinità di treni, son partiti un’infinità di miei viaggi. Da quelli quotidiani per andare a Milano Cadorna, a quelli di svago per andare a Como Laghi, da quelli per prendere da Cadorna la metropolitana, raggiungere Centrale, e mollare per qualche giorno gli ormeggi verso qualche altro luogo. Ricordo quando un treno mi passò davanti, quando dovevo andare a trovare una ragazza a Como, ricordo vari preparativi per partenze. Ricordo tanti freddi in stazione alle 7 del mattino. Ogni mànegh de chitàra in fondo el paar ‘na ferrovia, ogni manico di chitarra in fondo sembra una ferrovia. Altre stazioni le ricordo molto bene, pur non essendoci mai stato viaggiando, mi viene in mente quella stazioncina, a Borgo Panigale, che non ho vissuto in treno, ma non per questo fu meno intensa.

Sun che a parlà insèma a una cler,
bèvi per sculdàss, pö se tìri cumè un fèrr,
innaanz e indree in sö la cràpa del demòni,
cunt el cieel che spüda i stèll e sciüscia i lampioni
(Son qui a parlare con una saracinesca, bevo per scaldarmi e finisco per ubriacarmi. Avanti e indietro in testa al demonio, con il cielo che sputa le stelle e succhia i lampioni)

E poi, una cosa delle stazioni che mi ha sempre affascinato, è il suo unire e dividere persone. Quei saluti, quegli orari così incombenti alle volte. Ecco come mi viene da definire una stazione. È un luogo che scandisce un viaggio. Ed è così che una stazione riesce a scandire anche i nostri viaggi, le nostre storie, di qualsiasi tipo queste siano. Che siano vacanze, ritorni a casa, vita di tutti i giorni, incontri con amici e gente a cui si tiene, momenti da affrontare per un motivo o per l’altro. Stazioni di partenza, di arrivo, capolinea e stazioni di transito. Stazioni abbandonate e in disuso, e stazioni che sei lì ma non devi scendere né salire, stazioni mai esistite, stazioni solo sentite raccontare. Ricordo incontri con gente mai vista, commiati con gente che non avrei più visto, momenti impacciati, momenti intensi, momenti che erano entrambe le cose, ricordo arrivederci promettenti e altri invece bui e minacciosi, abbracci, baci, pacche e anche solo saluti di educazione. Ricordo sorrisi inarrestabili, groppi in gola, risate, lacrime. Gente che viene solo per salutarti, per portarti qualcosa per addolcire il viaggio, per tenerti compagnia in attesa di un treno, per salutarti nei 5 minuti tra quando le porte si aprono e chiudono, ricordo stazioni in cui ho solo pensato a gente, o ricevuto notizie, stazioni da cui si vedono campi da rugby o che sono vicine a pub. Ricordo ritorni da brucianti delusioni e stazioni dove alla fine non son mai andato. Ricordo mille momenti vissuti in stazioni.

E spèci un trènu che l’è mai partii,
sö sti binari che i henn mai finii
te me vedareet in tücc i staziòn
a specià quel trènu senza sö nissoen
(E aspetto un treno che non è mai partito, su questi binari che non son mai finiti. Mi vedrai in ogni stazione ad aspettare quel treno senza su nessuno)

Lomazzo, Como Laghi, Como Borghi, Milano Cadorna, Milano Centrale, Cadorago, Caslino al Piano, Bologna Centrale, Bologna Borgo Panigale, Parma, Lamezia Terme, Taranto, Roma Termini e Roma Tiburtina, Torino Porta Nuova, Saronno Sud, Como Camerlata, Como San Giovanni (Como San Giuvà, per gli amici), Prestwick International Airport, Glasgow Central, Leicester Central, Rugby, Coventry, Nuneaton, Birmingham, Nottingham, Luton Airport Parkway, Parigi Gare De Lyon, Zurigo, Milano Lambrate, Sesto San Giovanni, Napoli Centrale, Cantù-Cermenate, Santhià, Biella, Tradate, Reggio nell'Emilia, Quarto Oggiaro, Serenella, Verona Porta Nuova, Firenze Campo di Marte e Firenze Santa Maria Novella. A Firenze SMN c’ero già stato, a Firenze non proprio. C’ero stato solamente per dormire, di ritorno da Roma, ospite di amici di amici, ma non avevo visto la città. Questo weekend ho rimediato alla mancanza: i miei binari mi han portato a Santa Maria Novella (per gli amici SMN o Smadonna). È bello scendere da un treno per trovare un abbraccio, è sempre un po’ malinconico stare su una banchina e vedere, con un po' di groppo in gola, un treno che si porta via qualcosa. E non so come finire questo dannatissimo post, quindi non lo finisco, che se ne stia qui, come una stazione di transito, a guardare da dove arrivano i binari e scrutare dove son diretti.

Gh’è una roesa de plastica in mèzz a la rüdèra,
la fàcia de vedru de una guardia de fruntiera,
rutàmm, rutàmm che me fii cumpagnia
adèss ve foo vedè la sua futugrafia
[...]
A sto trènu de merda, soo piö cosa diich
(C'è una rosa di plastica in mezzo alla spazzatura, la faccia di vetro di una guardia di frontiera. Rottami, rottami che mi fate compagnia, adesso vi faccio vedere la sua fotografia. A 'sto treno di merda non so più cosa dire)

Wednesday, April 23, 2008

It was worth it, after all

C'è qualcosa che non va...

...col sistema educativo italiano, se ti becchi una scena del genere con una seconda media:

BMacG: "Allora, il sottomarino ha fatto l'Adriatico e il fiume Po, poi a Cremona l'han scaricato, non poteva più navigare. Come avran fatto?"
Bimbo 1: "E' andato per gli affluenti!"
BMacG: "Vi ho detto che l'han scaricato, non poteva più navigare!"
Bimbo 2: "Ha preso il naviglio!"
BMacG: "Ma cosa vi ho appena detto?"
Bimbo 3: "Ha risalito la corrente!"
BMacG [alla disperazione]: "Ragazzi, fermi tutti, calma, leggete il labiale: a Cremona l'han scaricato perchè non poteva più navigare, allora, come ha fatto ad arrivare a Milano?"
...
Bimbo 4: "Ha percorso il Po"

Sparachioda anche tu i ritardati frutto dell'italica istruzione!

Sunday, April 20, 2008

Not a single inch

Lecco - Tradate Biss 34-0
Bergamo - Tradate Biss 15-5
Centro Sportivo Al Bione, Lecco

Down in the ground where the dead men go.

Notte tormentata, prima della partita. Tra cadute dal letto, incubi, casino e quant'altro. Quando non prendo proprio sonno, non ce n'è, faccio spesso una cosa: sposto il cuscino al fondo del letto e mi metto a dormire al contrario, coi piedi dove di solito tengo la testa. E' così che mi son svegliato, con la stanza messa a soqquadro dal lancio di cuscini e coperte avvenuto durante il mio sonno agitato. Ciònonostante, Sunnyside of the street nelle orecchie e bei pensieri in mente, per affrontare la giornata sorridendo. Due le partite, completamente diverse. Una, contro Lecco, nervosa, in cui io ci son cascato come un pivello e mi son fatto "tirar dentro". Le abbiamo prese, sia fisicamente, sia in quanto a punti. Però quando Lecco ha cercato di sfondare con una maul nella nostra area di meta, e noi non abbiamo ceduto passo, resistendo, ben piantati con i piedi per terra, senza lasciargli un centimetro di avanzamento...è stato commovente, lo ammetto.
Contro Bergamo è stata un'altra partita. Il mio obbiettivo personale era tenere duro, non mollare neanche per un minuto di sconforto, per un minuto a culo per terra dopo una botta, per un centimetro, per un placcaggio. Sbagliare cose? Ci sta, ne ho sbagliate tante. Però so di averci messo tutta la mia grinta e anche tanta concentrazione. Anche se ho una bella responsabilità su una meta e su un calcio libero dato a favore avversario. Ho cercato di stare dove servivo, sapendo che i miei compagni avevano bisogno di me e di quel poco di esperienza in più che ho rispetto a loro. Ho placcato, ho rotto il cazzo nei raggruppamenti, ho coperto dove c'erano praterie fuori. L'altro obbiettivo era cercare di farmi "faro" per gli altri, di aiutarli e guidarli. E prima dell'inizio della partita col Bergamo Dante, il capitano, annuncia che non ce la fa. I "gradi" passano a me, e anche il posto in prima linea, da tallonatore. Dove ho ben figurato, nonostante la nostra mischia arretrasse costantemente, portando a casa tutti i miei tallonaggi, e fregandone un paio a un tallonatore scafato e molto bravo. Tenendo duro, anche qui, cercando di non cedere. Non alla fatica, non allo sconforto, non alle spinte degli avversari. Loro son più bravi, ci fanno tre mete. Però noi giochiamo, ci facciam valere, e fino alla fine continuiamo a cercare una meta. Che arriva, allo scadere, da un pilone in sostegno all'ala, dopo che Alfredo (pur essendo mmmorto) da centro aveva fatto uno spettacolo degno del miglior Campese. Fine partita. La commozione, le lacrime, l'abbraccio di Dante: "Bravo Billie, sono orgoglioso di te". Abbraccio tutti gli avversari. E' stata una partita dura, ma bella, li ringrazio per aver condiviso questa "battaglia" con me. Poi cerchio, chiamo i miei compagni.

"Grazie a tutti ragazzi. Vederci fare quella meta valeva la pena di tutto il culo che ci siamo fatti là davanti".

Saturday, April 12, 2008

The Yellow-Blues Brothers


Io & il mio protetto, di cui parlai già nel precedente post.

Friday, April 11, 2008

Noi beviamo gli ettolitri (I love ATRC)

Gioco in una squadra di idrovore, andandone molto fiero. Terzo tempo di domenica, la gara con la capolista Chicken. In campo han vinto loro, 19-12, ma fuori...eh...fuori...
Da notare la GRRRRRRANDEEEEE prestazione di Bimbo che vuota una media in tre secondi netti ("Bimbo?" "Eh?" "Grrrraaaaandeeee Bimbo!") e l'esultanza sborona di Dada Movandi, che ha dedicato la vittovia a sua madve che ha tvombato e ha fatto un figo come lui. Domani Dada verrà battezzato, è il mio pvotetto e gli ho fatto fare la sua prima meta, insomma, sono un po'...un po' commosso per lui. Coglione, facci una meta!


Sunday, April 06, 2008

Men and Dust

Monza - TraBorgo 10-0
Lecco - TraBorgo 24-0
TraBorgo - Bergamo 5-5
Campo Sghirlanzoni, Bergamo


Certe emozioni le avevo dimenticate, certe sensazioni. Come combattere per tre ore con se stessi per prendere sonno alla vigilia di una partita. Tanta l'emozione e la voglia, da non stare più nella propria stessa pelle. Quelle sere che per calmarti ti metti un ovale nel letto, a mò di pelouche. E al mattino, quanto tempo che non mi svegliavo iniziando la giornata con Sunnyside of the Street in autoradio. Ho sorriso per tutto il tragitto verso Tradate, e poi fino a Bergamo. Torneo dei Longobardi, prima giornata. Il frutto del lavoro di due anni di poveri cristi come me, come capitano Dante, come il killer Pelu. E la soddisfazione di giocare a fianco di altri amici, gente che viene a sudare con te tutte le settimane...Morris, Come, Lame, Alfredo. E anche i novellini, arrivati da poco tempo e subito buttati nella mischia. Infine, l'ottima prestazione da compagni di squadra che ci ha offerto il Borgomanero San Marco, mettendosi a disposizione e non solo per fare numero, ma per divertirsi assieme a noi. TraBorgo, l'abbiamo chiamata. Io lo sapevo già. Che ero scarico fisicamente, per via della dieta, ovvio, e che quindi non sarei riuscito a dare del mio meglio. Ci ho provato lo stesso, nonostante la giornata fosse iniziata prendendo una botta tremenda allo stinco topicando per le scale di casa, e nonostante durante la prima azione della partita una botta alla gamba mi abbia ridotto allo zoppicare (condizione che tuttora permane). Zoppicando qua e là per il campo ho fatto qualcosa di buono e qualche cazzata (diamine, Billie, so che hai una voglia matta di segnare la tua prima, ma non puoi vedere rosso a meno di dieci metri dalla linea di meta e sprecare palloni). Troppa foga, poco ossigeno e poco pensiero. In compenso, zoppicando per la polvere di Bergamo qualcosa di buono l'ho fatto e, date le premesse, credo non fosse il caso di domandare troppo a me stesso oggi. Sono sempre severo con me stesso, ma oggi faccio un'eccezione. Oggi l'importante era essere riscesi in campo, dopo due mesi. Aver riprovato queste sensazioni, queste emozioni. Aver fatto ripartire la mitica Biss, aver di nuovo vestito la "mia" numero 8. Essermi ripreso "il mio gomitolo".