Thursday, August 30, 2007

Dublin, Belfast, Ravenhill, Eurobillie

Beh, che raccontare...tantissime le cose successe. E neanche tutte quelle che sarei in grado di raccontare. Incontro con Cane in stazione Centrale a Milano, e poi subito rotta verso Orio al Serio. Anticipo di due ore. Il che non ci ha impedito di fare coda al check-in. Il volo è stato tranquillo, con un bambino con la maglia del Milan, i calzoni della Canterbury e lo zainetto dell'Ulster Branch della IRFU. E un genio che ha detto "Mi sa che dobbiamo sederci nei posti liberi". Dopo aver un po' vagato per l'areoporto e aver raccolto i nostri bagagli, Dublino. L'ostello era a un quarto d'ora da Croke Park, ma non abbiamo avuto l'occasione di andarci. A Belfast siamo sbarcati il giorno dopo. Dopo l'incontro con un pazzo che ci ha indicato la via per arrivare al Bed and Breakfast passando per il vicolo più pulcioso di Belfast, ci siamo rilassati un attimo prima di farci un fish'n'chips e incontrare gli altri a un pub in centro e spararci la prima pinta in terra irlandese. Un giretto per il centro ci ha portato a vedere una cattedrale con un'allegoria di un fallo in alluminio. La sera invece l'appuntamento era a Ravenhill, lo stadio di rugby di Belfast. Una camminata, con la sciarpa di Italia 90 e in testa atmosfere dei film made in uk sul calcio, con le colonne di tifosi che vanno allo stadio camminando assieme per strada. Ravenhill è piccolo e accogliente. Irlanda - Italia, prima volta che i greens giocano in Irlanda del Nord da 53 anni. La partita...cazzo, l'Italia è arrivata a tanto così dal vincere. E il vostro Billie MacGowan è persino finito in Eurovisione. Due volte. Sugli inni e sulla meta di Troncon. Con l'oramai leggendaria sciarpa di Italia 90. A fine partita, dopo il mitico coro degli irlandesi, No Woman No Try, burger'n'chips e siamo stati lì allo stadio, vedendo i giocatori passare. Capitan Bortolami ci ha salutato di sua sponte, cosa che mi ha abbastanza colpito. Ho bloccato due dei miei miti, Totò Perugini, la bestia della prima linea italiana, e Peter Stringer, il folletto stronzo della mediana irlandese, e mi sono fatto ritrarre con loro. Il nostro terzo tempo è stato in un chiassoso pub di Belfast, colonna sonora grandiosa (T-Rex "Hot Love", The Specials, Madness, Desmond Dekker "Israelites"), in compagnia di Julian "Doc", supporter dei greens e compagno di squadra, a scuola, di una leggenda come David Humphreys. Julian si era fatto il viaggio in Nuova Zelanda per andare a vedere il tour dei Lions contro gli All Blacks, e mi ha raccontato di Ronan O'Gara ubriaco e di mille altri aneddoti. Dopo una pintazza, ce ne siamo tornati al B'n'B a farci una buona dormita, non dopo aver scassinato una serratura per via di uno smarrimento di chiave.

Chicca omaggio: la meta di Troncon vista da dove stavo io.



Shane's dentist

Babbo ha cambiato dentista:

Thursday, August 23, 2007

Belfast, Derry, Galway

Ultimo (scarno) post prima della mia partenza domani sera. Quasi un ANSA. Si va in terre irlandesi, del Sud e del Nord. I racconti delle mie avventure al mio ritorno. Arrivedorci.

Friday, August 17, 2007

My father and other working-class football heroes

William Hill Sports Book of the Year 2005. Lo stesso premio vinto alla seconda edizione da "Fever Pitch" di Nick Hornby. Per uno come me, appassionato di storie sportive, di aneddoti, di scrittura sportiva e dei vecchi tempi, "My father and other working-class football heroes" di Gary Imlach, è manna dal cielo. La storia di Stewart Imlach, left-forward scozzese degli anni '50, famoso soprattutto per i suoi 5 anni al Nottingham Forest e per la partecipazione alla Coppa del Mondo del 1958. Una storia che ho adorato letteralmente, composta di mille storie che si intrecciano: dalla vita personale di Stewart ai ricordi e cimeli rimasti in soffitta o in testa a Gary, alla lotta del sindacato dei giocatori per ottenere delle migliori condizioni contrattuali. Si parla dei tempi del retain-and-transfer e del maximum wage. Un sistema che adesso sembra assolutamente improponibile. Si parla della questione dei caps: nonostante Stewart Imlach avesse indossato 4 volte la maglia della nazionale scozzese, non ebbe mai un cap, visto che questi venivano assegnati solo a giocatori che giocavano contro le Home Counties. Il cap fu consegnato postumo a Imlach e a un altro centinaio di giocatori che avevano subito lo stesso scherzo del destino. Imlach indossò anche un altro cap, confezionato da dei suoi tifosi di Nottingham apposta per lui. Come racconta il figlio: "He'd been happy with the copy. Maybe he was right to be, maybe it had more value: a cap crafted out of genuine feeling by people who saw him play and admired him, as opposed to an item squeezed out of an unwilling bureaucracy [...] Either way, the copy is the only he ever wore."

Ecco la sequenza che ho scelto:
Here's forest first cup-winning team from 1897-98, proudly showing off the trophy - before the game.
It's a great story. At the photographer's request, Nottingham Forest and their opponents, Derby County, had each posed with the cup before the game kicked off so that there'd be a suitable picture of the winners whatever the result. Perhaps he had another engagement to get to and couldn't wait until the final whistle. Or perhaps it had more to do with nineteenth-century standards of photographic etiquette. Portraits were formal occasions demanding one's best clothes, so the idea of showing the teams in their post-match disarray might have offended late-Victorian sensibilities. And the story didn't end there. In black and white, the photographer feared that Forest's red shirts wouldn't stand out sufficiently well from the foliage in the background, so he had them borrow Derby's white tops for the picture.
Fabulous. So Nottingham Forest's first great moment of triumph was captured for posterity before the fact and in the colours of the opposition. Somewhere, I presume - unless the wet plate was destroyed at the time for the sake of propriety - is a fading team picture of Derby County posing in proud anticipation with a trophy they never won.

Darren contro tutti


Il vostro Sports History Correspondent preferito ha pubblicato un altro articolo su LET, sul tema settarismo e GAA in Irlanda del nord:

Genio e sregolatezza

Ho imparato a giocare a scopa d'assi da mio padre, tutte le estati che si andava in Valsassina in vacanza, e in qualche altra occasione. All'ombra della dorsale orobica lecchese cominciarono a dischiudermisi i misteri della napola e della primiera. Al liceo affinai il mio stile girandomi e giocando con i due del banco di dietro e col mio compagno di banco, sovente mirati dai cazziatoni della professoressa. Ma imperterriti continuavamo a giocare, e fu così che mi guadagnai la nomea di "Georgie Best" (o Paul Gascoigne, a seconda dei casi) della scopa d'assi. Genio e sregolatezza. Croce e delizia di ogni compagno di mano. Capace di mosse magiche come anche di vaccate tremende. La resa dei conti l'altro giorno, quando dopo quattro anni ho fatto il mio ritorno sull'altopiano valsassinese. Io e Paolo, il ragazzo di mia sorella (BP), contro mia sorella e mio padre (GP). Ecco cosa ha scritto il Guerin Sportivo:

La sfida si apriva con la coppia Billie-Paolo un po' traballante. Il Paul Gascoigne della scopa d'assi doveva assestarsi e l'accoppiata andava rodata. Troppe scope concesse rischiavano di inficiare il risultato, ma una vertiginosa rimonta concedeva alla coppia la vittoria nella prima manche. Nella seconda manche i due segnalavano troppa sufficienza: in una mano GP si ritrovava quattro assi e metteva tra sè e BP una distanza sufficiente a ottenere il pareggio. La bella si apriva in modo molto equilibrato. Lo scontro serrato vedeva GP portarsi in vantaggio 3-2, poi BP pareggiare 5-5. GP cercava lo scatto e si portava sull'8-5, ma BP trovava per la prima volta il vantaggio con il 9-8. In questo momento BP, rapace, metteva tra sè e l'avversaria una distanza considerevole: Billie apriva clamorosamente con un asso in prima mano, costringendo GP a concedere tre scope consecutive. 6-2 di parziale, 15-10 complessivo. La penultima mano era dominio assoluto di BP, che demoliva la coppia avversaria con 7 rocamboleschi punti di napola per un parziale di 14-1: con lo score complessivo di 29-11, era pura formalità per BP varcare i 31 punti e aggiudicarsi la vittoria finale.

Wednesday, August 08, 2007

Tuesday, August 07, 2007

Sports History Correspondent

Ecco come sono citato nel mio ultimo articolo apparso su Les Enfants Terribles: LET Sports History Correspondent.

Questo l'articolo, una presentazione di Italia - Irlanda, 24 agosto a Ravenhill, Belfast:

Friday, August 03, 2007

Down All The Days

I type with me toes
Suck stout through me nose
And where it’s gonna end
God only knows

I have often had to depend upon
The kindness of strangers
But I’ve never been asked
And I never replied
If I supported Glasgow Rangers

(Pogues "Down all the days")

Salve, il mio nome è Paul Imlach. Sono un giornalista dell’Orcadian, il quotidiano delle Isole Orcadi, il posto più remoto dell’intero universo. Serving Orkney since 1854, dice il motto della testata. Al momento mi ritrovo bloccato in un vagone e penso che a nessuno fregherà più niente del fatto che l’8 dicembre 1981 Arthur Scargill è diventato il presidente eletto della National Union dei minatori. Oggi è il 12 gennaio 1982. L’altro ieri a Braemar, non lontanissimo da qui, hanno raggiunto il minimo storico di temperatura di tutto il Regno Unito, circa 20°F sotto lo zero. Io sono intrappolato su questo treno a una decina di miglia da Aberdeen e tra locomotrici rotte, un deragliamento, ritardi e l’ondata di freddo che sta colpendo la Scozia, non so quando potrò raggiungere di nuovo le Isole Orcadi. Mai nessuno ci aveva messo più di un mese a raggiungere un porto nel nord della Scozia partendo dallo Yorkshire. Qua fuori nevica, quindi non può fare poi tanto freddo, ma le folate di vento sono terribili e la Class 314, nonostante non abbia più di un paio d’anni, è sensibilissima al gelo. Io me ne sto accovacciato vicino al termosifone del treno, con una bottiglia di stout presa a Craighellachie incastrata tra la mia coscia e la parete della carrozza, la macchina da scrivere poggiata sulle ginocchia. Per il vagone echeggia solo il tap-tap-tap delle mie dita che scivolano sui tasti. Ho continuato a scrivere articoli fino a questo momento, tutti su Scargill, e più di metà non sono riuscito a dettarli alla redazione. Credo sia una settimana che non trovo un telefono funzionante. Non è decisamente più il caso di parlare dei minatori. Voglio invece scrivere della storia che mi ha raccontato prima il controllore, che tra poco tornerà per annunciarci il guasto della locomotrice.

Sono seduto in fondo all’ultimo vagone, e dopo aver terminato il suo giro il controllore si è seduto di fronte a me. Gli ho offerto una delle mie due bottiglie e lui ha rifiutato. “Sono in servizio” ha detto, al che gli ho risposto che in una giornata così le regole non sono poi importanti. Lui allora ha accettato la bottiglia e la stout gli ha sciolto la lingua. Mi ha detto che da ieri è disperso il figlio della Thatcher. Dopo un giorno lo sanno già tutti, persino in mezzo al posto più isolato del Regno Unito. Invece del fatto che P.Imlach dell’Orcadian è disperso da un pezzo non sa nulla nessuno. Poi il controllore ha continuato a raccontarmi, con il suo pesantissimo accento dell’Ayrshire, di quell’ubriacone che stava dall’altra parte del vagone. “Lo conosco, non ho avuto il coraggio di chiedergli il biglietto in una giornata del genere. Stanotte ha dormito su questa carrozza, probabilmente”. E mi dice che l’ha incontrato varie volte, e che oramai quel barbone è la storia delle ferrovie di Scozia. Cacciato da ogni linea, aveva dormito negli angoli migliori di qualsiasi stazione caledone e su ogni tipo di vagone. Mi dice che gli ha raccontato la sua storia qualche anno fa, su un treno simile a questo, guastatosi in una giornata simile a questa, dalle parti di Inverness.

L’ubriaco in realtà era un inglese, di Coventry. Durante la guerra si era ritrovato senza più famiglia né casa, rase al suolo, come del resto tutta la sua città. Allora si era messo a vagabondare e ad abitare sui treni delle Midlands, finchè un giorno a Birmingham non si era addormentato sul treno sbagliato, risvegliandosi solo alla stazione centrale di Glasgow. Pare che una volta messo piede nella fredda Scozia, vedendo il fiume Clyde scorrere sotto i suoi piedi, aveva pensato di essere in paradiso, o probabilmente all’inferno. Le Scottish Railways erano diventate il suo personale battello di Caronte, e aveva cominciato a vagare per la nostra terra, girandola in lungo e in largo, in cerca del posto dove la sua anima avrebbe potuto finalmente riposare in pace. Aveva vissuto sulla sua pelle all’incirca ogni disastro ferroviario sia stato registrato in tutti quegli anni in Scozia. Sentendo quei nomi non potevo fare a meno di pensare che avevo visto coi miei occhi le macerie di alcuni di quei disastri, sempre inviato per l’Orcadian, come l’incidente di Invergowrie del 1979. Il controllore mi raccontò che nel preciso momento in cui i due treni della Inverclyde Line si schiantavano a Paisley, lui stava proprio litigando per il biglietto con quel barbone, sul treno diretto a Wemyss Bay, la linea più sfigata di tutte le ferrovie scozzesi. Certo che ogni volta che si incontrano questi due, come minimo una locomotrice va a farsi fottere.

Adesso è ora di riporre la macchina da scrivere e questo racconto: mentre prendevo l’ultimo sorso di stout dalla mia bottiglia è entrato il controllore, annunciando il guasto. Manca ancora un sacco ad Aberdeen, ma per oggi cosa importa tornare a casa? Entrerò in un pub del paesino più vicino che trovo e mi farò offrire un whiskey per scaldarmi un po’, e cercherò qualcuno che mi ospiti stanotte. Dopo tutto questo vagabondaggio alla ricerca della mia casa nel posto più sperduto del mondo, pub e vagoni del treno sono diventati la mia famiglia.

(Billie MacGowan "Down All The Days")