Sunday, February 24, 2008

Watch the world spinnin', gently out of time

And you've been so busy lately
that you haven't found the time
To open up your mind
And watch the world spinning, gently out of time

Certe settimane le vorresti eradicare dal calendario, prenderle dal lunedì mattina e bruciarle dal flusso del tempo. Settimane in cui vorresti tirar fuori la chiodatrice per davvero. In cui salveresti ben pochi momenti (un buon allenamento, due belle ore di guida, 80 euri guadagnati...). Tra le cose che salverei c'è la giornata di oggi. Si è svuotata la testa come intenzione programmatica. Verona, circondato da amici, persone positive, facce sorridenti, risate. E qualche straniero (un gallese, due scozzesi, un'inglese e un'irlandese) con cui attaccar bottone sentendosi chiedere se sei scozzese per via del tuo accento marcato. Rivedendo volti e risentendo voci che si vedono poco, ma che sanno sempre strapparti un sorriso. E fanculo a tutto. Una giornata in cui stacchi, trovi il tempo di aprire la mente e guardare il mondo che gira, con grazia, fuori tempo. Per una volta non ti sballotta e prende a schiaffi, e fa venire il vomito e la nausea. Per una volta va storto, ma con grazia. E dalle tante isole, ognuna con i suoi cazzi, con le sue amarezze, con i suoi problemi, vien fuori un arcipelago di serenità. Il manifesto programmatico, però, è stato enunciato: "Se continua quest'andazzo, inizia la lotta armata!". Ka-tunk!

P.S.: Max, la Clash-Aberdeen connection continua, e tra l'altro lo scozzese di oggi era di Aberdeen!

Wednesday, February 20, 2008

Disclaimer

This is a public service announcement, this is only a test

Ho scritto un racconto in inglese. E l'ho pubblicato qua sotto. In inglese. Non vogliatemi male!

This is not a test of the emergency broadcast system

On The Shiteside

So I saw that train and I got on it
With a heartful of hate and a lust for vomit

(The Pogues “Sunnyside Of The Street”)

‘Tis friggin’ late tonight, and I sit half-collapsed at some lousy counter of some lousy pub I can’t remember the name of. I can’t really remember much of tonight. I recall being here – or was it another pub? – with me mates, and havin’ a couple pints with them. A couple gallons, to be honest, a couple friggin’ gallons. I have some kind of flash-light going in and out in the Guinness-black of my memories of this evening. A very inglorious one indeed. I recall the beers, and a couple drams too. I was loaded when the evenin’ started – ‘tis Friday night tonight – and now I’m friggin’ skint, ynnow. So I can’t remember how many I drank. I only feel them, and recall emptying all the half-empty glasses me mates left behind them.
Must’ve had a sterling time, though. I recall being acquainted with this gal from Leicester, or Nottingham, or whatever. Spent half the night talking to her, I think. I recall myself, all sweaty, in my red polo shirt, shouting at the top of me friggin’ lungs some song. Flippin’ sterling music, they played at that pub. T-Rex, the Clash, Madness, the Pogues. “I’m your toy, your twentieth century boy”. But she didn’t let me be her toy. Probably I did expect a little too much, but you know how that is when you get sore drunk as I got. I really made an ass of meself, I think.
And that’s how I started to get nervous. Smokin’ a fag, with another whiskey in me hand, with my friends pissin’ me off ‘cause Jane had gone home. Jane, that was her name, right. Well, pissin’ me off for a laugh, as you always do among friends. Sort of tryin’ to cheer me up. But I’m a perfect asshole, and I was completely sloshed. I tossed down me shot, put me fag back in my mouth, at the right corner of it, and went over to Davy. Shakin’ me bleedin’ fist in front of his face and yellin’ at him. A complete wanker, I am. He didn’t stop laughing. Actually I must’ve been a very exhilaratin’ sight. I glow red when I’m pissed, and me neck’s veins look like they’re about to friggin’ explode. And Davy laughed, right in me face and all. And this wanker I am couldn’t stand anymore and swung his friggin’ fist at his face. “FUCK AWFF, DAVY!”. Must’ve broken his nose, he was damn bleedin’ all over the place. “Will, what the fuck got in your mind, you pisshead?”. That was Normsy, shoutin’ at me. I swung a fist at him, as well, but was too drunk and heavy. I missed, and he hit me with his head, right in me face. Davy wasn’t the only one bleedin’ now. Then Normsy punched me, in the face again, and now I see a blackeye reflected on the golden bar of this pub’s counter. I must’ve been kicked out, after that, so I chose this other pub, yes. Everything is gettin’ neater in my memory. There’s a bunch of blood-soaked hankies in front of me, I must’ve stopped bleedin’ here.
And now I feel my belly gurglin’, I’d love to puke, I feel like someone’s beaten the livin’ shite out of me. And I feel mad as hell at I don’t know who or friggin’ what. Probably I’m mad at me bleedin’ self. Time to get out of here. Staggering and lagging home, wherever I am right now. The friggin’ Canal, here it is. Birmingham, they call it the English Venice. Except Venice must be a beautiful city, and Brum’s a stinking shithole. I walk on the side of the Canal. Must stay steady on my feet, and it’s friggin’ hard. Must not fall in the Canal. Must not fall. I’m walking over about a million tons of duck crap. The whole friggin’ sidewalk is covered with it. Look on to the other side of the canal, and the path is unbelievably clean. Right, I’m on the Shiteside. Ducks seem to be leaving their droppings only here. Must not fall in the Canal. Must. Not. Fall. My head drops back down, starin’ at the tiny white dots of crap, and I think that maybe this friggin’ world must have a clean side and a Shiteside, as well as the Worcester and Birmingham Canal. And shit falls down only on the ones lagging on the Shiteside. Near a bridge, I hug a lamp-post. Must not fall, don’t fucking fall, William! I have to stop for a slash. I stay clinged onto the lamp-post, and take my willy out. I’ve to leave the company of the lamp-post. Will is havin’ problems holdin’ his willy, and doesn’t want to soak his jeans. Hide under the bridge, not so steady on my feet. Must not fuckin’ fall in the canal. Don’t fall, piss in it, for fuck’s sake. Must not fall down, must not. Fell down. Fucking hell!

(Billie MacGowan "On The Shiteside")

Tuesday, February 19, 2008

Trainspotting


Dopo il post musicale, dettato da uno di quei momenti in cui ci si sente un po' dei Genesio, in cui si tiran le somme, si tiran conclusioni, si racconta la propria storia a sè stessi, è tempo di un post librico. Ieri nonostante la stanchezza non prendevo sonno e ho finito due libri. Il primo è stato The Catcher in the Rye di J.D. Salinger. Vi ho già scassato i coglioni abbastanza con questo libro. Però ieri ho fatto una Holdenata in un certo senso, e ci stava. E' incredibile il rapporto che ho con quel libro, come mi accompagni in momenti topici della mia vita, e nei momenti importanti c'è sempre. D'altronde il signorino Caulfield è un vecchio amico, e c'è sempre nel momento del bisogno. L'altro libro che ho finito è stato invece Trainspotting di Irvine Welsh, prestatomi dal Bimbo, che mi aveva già introdotto a Welsh regalandomi Tolleranza Zero a Natale. Trainspotting gliel'ho regalato io, invece. Mi è piaciuto, meno crudo di Tolleranza Zero, forse anche meno bello, ma mi ha intrigato. Con quel suo modo di essere raccolta di racconti e romanzo. Con la grande quantità di temi che tratta, alle volte più approfonditamente, a volte solo in superficie. Però stimola il pensiero, lancia il sasso. Il resto lo lascia fare alla tua testa. Il lato ottimo della provocazione, secondo me. La citazione viene dal capitolo Na Na e altri nazisti.

Siamo vicini a certi gatti che mi puzzano parecchio. Qualcuno ha la testa rasata, qualcuno no. Accenti misti, scozzesi, inglesi o di Belfast. Uno ha la maglietta degli Skrewdriver, un altro c'ha scritto Ulster is British sul maglione, non per dire. Si mettono a cantare una canzone su Bobby Sands e gli altri prigionieri irlandesi e li fanno a pezzi, non per dire. Io di politica non ci capisco un cazzo, non per dire, ma Sands mi sembrava uno a posto, non aveva mai ammazzato nessuno. Non per dire, ma ci vuole un bel coraggio a morire in quel modo, eh?
Poi uno di quelli, il tonto degli Skrewdriver, si mette disperatamente a cercare di guardarmi fisso negli occhi, con la stessa disperazione che ci metto io a cercare di evitare il suo sguardo, non per dire. La cosa inizia a farsi difficile quando attaccano a cantare: "Non c'è il nero nella nostra bandiera". Noi restiamo calmi, ma il gattone non molla. Ha tirato fuori gli artigli. Si mette a strillare, e ce l'ha con Dode.
"Ohi! Che cazzo guardi tu, negro del cazzo?"
"Ma vaffanculo", gli fa Dode con un ghigno. Ci è già passato per questa strada, il gattone. Io no però. La cosa si sta facendo pesante, non per dire.

San Macacu e San Nissoen

E cumè un sacch de la rüdèra, spèci quaivoen che me tö sö

E' stato un weekend un po' particolare, un po' (troppo) alcoolico e l'avvio della settimana è stato piuttosto traumatico, nonostante si sia risolto bene. No, di più non dico. Domenica e ieri son stati i miei personali dè de San Macacu e le mie personali noc de San Nissoen, e allora lascio la parola al Davide. Più in basso traduzione per i terronofoni!

Davide Van De Sfroos Band
"San Macacu e San Nissoen"

L'è una sira storta cumè un cerott in soel genoecc,
in giir a cràpa volta cun scià un desmila in di sacocc
e tira un'aria stramba, uduu de fogna e de limòn,
e l'angelo custode l'è turnaa indree a cambià i culzòn

Ogni menütt el spuung cumè un'urtìga in di culzètt
c'è chi fa testamento in soel müür del gabinètt
el Grignolino el rüzza, gh'è de sbutunà el vestii
il cielo ha l'orticaria e me ho appèna digerii

E cumè un sacch de la rüdèra, spèci quaivoen che me tö sö
gh'è una madòna in canuttiera che de miracuj ne fà piö
e ogni umbria l'è una pantèra, ogni suspiir el paar un pìtt
e questa loena de grovièra la sà piö gnanca lee se ditt

L'è el dè de San Macacu, la nocc de San Nissoen
se tirum via el cuveerc e se impienissum de canzòn.
L'è el dè de San Macacu, la nocc de San Nissoen
vurèvi smurzà tütt ma ho piö truvaa el butòn

Ogni purtiera verta veed mea l'ura de saràss
la sigaretta stracca veed mea l'ura de smurzàss
se borla giò una stèla la fà mea frecass
esprimi un desiderio, ma gh'è mea de fidàss

De fö de la stazion gh'è Belzebù cun scià i valiis
le corna senza punta e uramai g'ha i cavej griis
cerca un treno per l'inferno se lo troverà
ma in una notte come questa ghe paar de vèss a cà

e cumè Batman in galèra ciapi la mira cuntra i sbarr
e spèci l'alba o la curiera o un taxista in mutucarr,
e cumè un gatt sö la tastiera soni la canzòn di matt
questa mannaia primavera la pica giò senza ciamàtt

L'è el dè de San Macacu, la nocc de San Nissoen
se tirum via el cuveerc e se impienissum de canzòn.
L'è el dè de San Macacu, la nocc de San Nissoen
vurèvi smurzà tütt ma ho piö truvaa el butòn

SAN MACACO E SAN NESSUNO
E' una sera storta come un cerotto sul ginocchio / in giro a testa alta, con un diecimila nelle tasche / tira un'aria strana, odore di fogna e di limone / e l'angelo custode è tornato indietro a cambiare i calzoni. / Ogni minuto punge come un ortica nei calzini / c'è chi fa testamento sul muro del gabinetto / il Grignolino spinge, c'è da sbottonarsi il vestito / il cielo ha l'orticaria e io ho appena digerito. / E come un sacco della spazzatura, aspetto qualcuno che mi tiri su / C'è una Madonna in canottiera che di miracoli non ne fa più / e ogni ombra è una pantera, ogni sospiro pare un peto / e questa luna di groviera, non sa più neanche lei cosa dirti. / E' il giorno di San Macaco, la notte di San Nessuno / ci tiriamo via il coperchio e ci riempiamo di canzoni / E' il giorno di San Macaco, la notte di San Nessuno / volevo spegner tutto, ma non ho più trovato il bottone. / Ogni portiera aperta non vede l'ora di chiudersi / la sigaretta stanca non vede l'ora di spegnersi / se cade giù una stella non fa mica fracasso / esprimi un desiderio, ma non c'è da fidarsi. / Fuori dalla stazione c'è Belzebù con le valigie / le corna senza punta, e oramai ha i capelli grigi / cerca un treno per l'inferno, se lo troverà / ma in una notte come questa, gli pare di essere a casa. / E come Batman in galera, prendo la mira contro le sbarre / aspetto l'alba, o la corriera, o un taxista in motocarro / e come un gatto sulla tastiera, suono la canzone dei matti / Questa primavera maledetta picchia giù senza chiamarti. / E' il giorno di San Macaco, la notte di San Nessuno / ci tiriamo via il coperchio e ci riempiamo di canzoni / E' il giorno di San Macaco, la notte di San Nessuno / volevo spegner tutto, ma non ho più trovato il bottone.

Tuesday, February 12, 2008

Looking in the mirror saying WHO ARE YOU?

Oggi 12 febbraio 2008 (magari il post lo finisco il 13) sono 4 anni dall'ultimo concerto dei Korova Milkbar, il gruppo streetpunk in cui suonavo il basso e facevo i cori. Sei mesi di agonia coronati da quel concerto. Grande da alcuni punti di vista, deludente da altri. Dieci giorni dopo, il 22 febbraio, la decisione di scioglierci. Beh, e cos'è successo (forse complice anche il ritorno a The Catcher in the Rye)? E' successo che ho trovato due vecchie foto, le ho legate alle storie della mia vita, a com'ero a quei tempi, anche a come mai mi chiamo Billie. E che ho pensato alle date. Il 2004 è stato un anno fulmineo, che mi ha in un certo senso preso a schiaffi. I primi esami universitari, la patente (5 febbraio 2004, il foglio rosa scadeva il 14 febbraio, giorno in cui mi sono iscritto a rugby.it), lo scioglimento dei Korova, un'estate da pazzi con la Milkbar Gang, la famiglia estesa di allora. Un incidente sulla statale a Grottaglie. E poi la settimana del 27 novembre di quell'anno, in cui si formarono i Pressure Drop A.K.A., in cui cominciai a giocare a rugby e in cui conobbi persone importanti o che importanti lo son state. Ho pensato a quanto in fretta può cambiare una persona, a quanto son diverso da un Billie precedente, a quanto son cambiato. Le letture, i film, la musica. Le cose fisse, poche. Tagliandomi i capelli settimana scorsa ho sentito di fila "Sono un uomo o sono un ragazzo" dei Klasse Kriminale e "I'm a man, I'm a boy" degli Sham 69 (gruppi che, guardacaso, ascoltavo soprattutto ai tempi dei Korova, anche se ancora hanno un posto nel mio cuore e nel mio lettore mp3). E mi è venuto da chiedermi quanto sono uomo già e quanto ragazzo ancora. Riflessioni che di fronte a uno specchio, mentre ci si tosa il pelo (ho già parlato della valenza del taglio di capelli come "rito di passaggio" o "esorcismo personale"), vengono particolarmente bene. Looking in the mirror saying WHO ARE YOU?, come dice la canzone degli Sham. E guardarsi nelle foto, guardarsi allo specchio...è un po' simile, in un certo senso. Non so dove sto andando a parare, però voglio metterci dentro anche il fatto che ieri ho visto "Into The Wild". Bello, grande musica, grandi paesaggi, bella storia - così liquidiamo l'inutile parte recensiva. Mi ha dato da pensare. Non ho ancora chiaro a cosa, quindi chiuderò il post con le due immagini. Sono entrambe state scattate a maggio 2003, c'è un Billie appena 18enne, o forse ancora per poco minorenne, non ricordo. C'è il buon O'Reele, che fu colui che mi introdusse al rugby e mi ribattezzò Billie, fidata chitarra dei miei gruppi. Ci sono i Korova Milkbar nella formazione originale, in concerto a Cantù. E c'è un Billie che ancora non era chiamato Billie, ancora non aveva le basette, era ancora più ingenuo di adesso, ma era comunque me.

Looking in the mirror saying WHO ARE YOU?

Monday, February 11, 2008

Rugby's Strangest Matches

Finito nuovo libro: Rugby's Strangest Matches - Extraordinary but true stories from over a century of rugby, di John Griffiths. Un libro che sembrava fatto per me, avido di sports writing, di rugby e di storie curiose e particolari sul rugby. E il libro di Griffiths mi ha soddisfatto in pieno, riempiendo le sacche della mia memoria di aneddoti e storie curiose, oltre che aiutarmi a fare una conoscenza un po' più approfondita del rugby dei tempi andati. Vorrei cercarmi anche Boxing's Strangest Fights e Football's Strangest Matches, della stessa collana, e Cane andrebbe a nozze con Golf's Strangest Rounds. Meritava una bella letta. Il racconto che mi è piaciuto di più è uno degli ultimi, "Fifteen Minutes of Fame (Bucharest, April 2000)", che racconta la storia dei Dorchester Gladiators, una squadra amatoriale inglese che stava facendo un viaggio di beneficenza in Romania, portando giocattoli negli orfanotrofi. Beh, cosa gli succede? Che un tizio dell'ambasciata rumena invita questi quarantenni sfiatati a giocare un match con una squadra locale. Peccato per un piccolo malinteso linguistico: lost in translation.

Unfortunately, an error in translation led to the Romanians greatly overstimating the quality of their English opponents. As a result, the Dorchester boys arrived for their 11 a.m. kick-off only to find that the venue was the National Stadium, that an expectant crowd of thousands had turned up and that the match was to be broadcast live on Romanian television. Their opponents, moreover, were Romania's crack club side, Steaua Bucharest. The hosts fielded half-a-dozen full international players as well as the captain of the Romanian national side.

Sunday, February 10, 2008

Barbari RFC

Unni Valcuvia - Barbari 5-27
Campo da Rugby, Cassano Valcuvia

Sono rientrato in campo, finalmente. A Cassano Valcuvia gli Unni inauguravano il loro campo, e hanno invitato una formazione "all star" (e allora io che ci facevo?) delle squadre della provincia di Varese per festeggiare l'evento con un'amichevole. E così 5 bissini del Tradate, tra cui me, si sono uniti a 4 del Varese, 2 dei Sesto Calende Sabres e un manipolo di giocatori della LiUC per formare i Barbari, neanche troppo velato rimando ai Barbarians. Nelle maglie rossonere (mia la numero 19: trovando già occupate 8 e 18, ho chiesto la 19 in omaggio a Paolini) dei Sabres siamo scesi in campo. Son partito terza centro, andando un po' ad interruttore acceso e spento. L'unica occasione per un ciapasù è stata vanificata dall'aver perso la mischia. L'arbitro mi richiama quando ravano in un raggruppamento. Le mani sulla palla ce le avevo da subito dopo il placcaggio, quando non era ancora una ruck, però lui non le vede. Mi dice "Niente mani in ruck, se lo rifai è giallo!".
Il primo tempo finisce 5-5, e Giorgio ci dice all'intervallo "C'è bisogno di qualcuno in prima linea". Time to stand up and be counted. Di fare quel passo avanti, perchè non mi piace ciamarme fora. "Io se c'è bisogno posso provare a tallonatore". E il secondo tempo lo gioco tutto là davanti, soffrendo e lottando, buttando spalle e collo oltre l'ostacolo, e soprattutto rubando due tallonaggi. La prima linea è affiatata rispetto a quella del primo tempo, e reggiamo, qualche volta li spingiamo anche indietro. Fuori ci sono, impedisco l'uscita del pallone in una maul avversaria, guadagno una mischia per noi. Spingo via l'avversario in una ruck sporcando il pallone che volevano usare per un pick'n'go. Noi segniamo 4 mete, e chiudiamo la partita, vincendo 27-5. Cerco di fare il mio, anche se ogni tanto la testa va a corto di ossigeno e mi trovo a fare la capra più di quanto dovrei, e mi faccio richiamare all'ordine dal mediano di mischia. Qualche errore ci sta, soprattutto visto lo stato di stanchezza fisica (martedì e mercoledì allenamento, giovedì palestra, venerdì preparazione atletica ad allenamento) con cui ero entrato in campo. Però io sono anche uno che non si accontenta facilmente di se stesso. Sul mio braccio avevo scritto "Voglio di più", citazione degli Angeli. E io voglio sempre fare e ottenere di più. A fine partita crollo a terra, però. So che tutto quel che avevo l'ho dato, le mie spalle e il mio collo portano la sofferenza della prima linea, le mie gambe la fatica del sostegno continuo. E giocare in prima linea, quando possibile, è sempre una bella soddisfazione, il guadagno di una fetta di paradiso. E sono soddisfatto di me, e mi sono divertito. E i dolori fisici passano in secondo piano e lasciano posto a...alla birra, ovvio.

Sunday, February 03, 2008

Cymraeg

Ei gwrol ryfelwyr, gwladgarwyr tra mâd

Questo c'era scritto sul mio braccio oggi, un tributo alla passione del Galles. Sulla mano, il solito "I'm fuckin' brilliant".

ATRC - Monza 25-0
Uslenghi (Cowlions Arena), Tradate

Vittoria. Fango e vittoria. E fango. Convocato, di nuovo, e di nuovo carico come una molla. In riscaldamento a mille, pronto a tuffarmi su ogni pallone, pronto a fare di tutto per far capire che ci sono e che voglio giocare e che ho tanto da dare. Come ha detto il nostro capitano: "Facciamolo per il culo che ci facciamo tre volte a settimana, su questo campo di merda, nel fango, sotto la pioggia, al gelo". Il fango però l'ho assaggiato solo in riscaldamento. Son rimasto in panchina. Stavolta però non ho rabbia. Solo un po' di malinconia per la voglia di dare sfogo a quel che so fare in campo. Il culo continuo a farmelo. Per me stesso, per i miei compagni. Per quel "Grazie", per quella pacca sulla spalla che arriva sempre, e che ti da la forza di darci dentro un'altra settimana, la voglia di sperarci per un'altra settimana, la resistenza per accumulare tutta la carica che non sfoghi durante le partite e tenerla per quando arriverà il tuo momento. Perchè arriverà, ci sto dando dentro, ad allenamento do tutto me stesso, e arriverà, cazzo, se arriverà.

Eppoi, cazzo, oggi mi hanno intervistato per Rete 55. "Di quel che vuoi, ti chiedo solo di non bestemmiare".

Saturday, February 02, 2008

Standin' in the pissin' rain

Serata strana ieri. Piena di cose "a metà": qualcosa di positivo che implica una sensazione negativa, o il contrario. A metà allenamento me ne sono andato a far la doccia per un dolore alla scapola. Ogni tanto mi capita, la stessa sensazione di un trapano puntato nella scapola. E non riesco più a spingere o sollevare. Doccia. Da solo, tranquillo, con tutti gli spogliatoi per me e il lusso di prendersi quei 5 minuti in più per stare fermi, ad occhi chiusi, fissi sotto il getto a sentire la bocca riempirsi d'acqua. Una cosa che almeno in parte mi ha fatto sentire in pace con il mondo. Per domenica semiconvocato. Se Luigi riesce a far la visita, va lui al posto mio. Glielo auguro, visto che la scapola continua a scassare anche oggi. Serata in sede, come al solito condita a birre e risate. Con un fondo di tristezza però, perchè non si vede più così tanta gente, perchè la sede è diventata un po' più vuota. Oggi inizia il Sei Nazioni. Come al solito, sgabello vicino al pilastro al Galway Bay di Saronno, assieme a tutta la squadra. E stasera potrei darmi alla visione di Paolini, registrato ieri. O anche a una sana dormita.