Thursday, January 31, 2008

For J.D. - with Love and Squalor

I know, it's damn long. Just felt like writing it all down, it just came out of my mind and straight to my hands. I'm sorry if it bores you, don't feel compelled to read this crap.

***

Si, torniamo a bomba sull'argomento Salinger. Il mio rapporto di feticismo con Nine Stories, una discussione su MSN e questo sito sull'opera di J.D. mi hanno portato a riflettere su quanto ho amato The Catcher in the Rye (la traduzione italiana Il Giovane Holden l'ho sempre trovata indecente, più adatta a un mattone romantico tedesco che al libro di cui stiamo parlando. Certo, è sempre meglio che il titolo francese, che non cito per sommo sdegno). Ho trovato un'email, datata marzo 2001, in cui dicevo "Sto leggendo per la 76ma volta Il Giovane Holden". E pensavo all'attaccamento feticistico (si, in questi giorni questa parola mi piace alquanto) che ho coi suoi libri. E' raro che rilegga un libro. Se lo faccio, in genere è per leggerlo in lingua originale se l'ho letto in italiano. Una volta mi è capitato il contrario. Si contano sulle dita di una mano i libri che ho ripreso e riletto (tra cui un insospettabile Andromeda di Michael Crichton. E' l'unico libro di quel genere che possiedo, e ogni tanto lo rileggo). E di sicuro quello che ho letto più volte è proprio lui. Ricordo di averlo letto un'estate, come compito delle vacanze del liceo. Professori lungimiranti, evidentemente, gente che ha capito che leggere quel libro a una certa età è un passo doveroso da far compiere a un adolescente per una sua decente crescita morale. E ieri pensando a questo mio rapporto d'amore con il supporto fisico, son riuscito a decifrarne il perchè, credo. Quando si legge un libro di Salinger (parlo per me, ovvio) ci si ritira momentaneamente dalle faccende del mondo. Non so contare le volte che l'ho letto. Ricordo dei momenti. Come decidere di rimettermi a leggerlo dopo una nevicata mattutina. O rileggerlo di notte senza riuscire a chiudere occhio. Fattostà che leggere un libro di Salinger è una faccenda molto intima. Ci sei tu, c'è Salinger, c'è il libro come supporto fisico (belle le copertine sobrie che son state fatte da Einaudi, ne conservano quest'alone di sacralità), e poi ci sono i personaggi del libro. Personaggi che senti come tuoi amici intimi, o comunque gente con cui stai interagendo in quel momento. Che vorresti proteggere, perchè in fondo mettono a nudo le tue debolezze. Ecco perchè i libri di Salinger non sono da scaffale, ma da tasca. Non vanno MOSTRATI, vanno tenuti con sè, sono un'esperienza, un rito, un momento di passaggio. E infatti la dedica di Salinger all'inizio di Alzate l'architrave, carpentieri e Seymour: introduzione è la seguente:

Se in tutto il mondo è rimasto ancora un lettore che legga per il gusto di leggere - o che comunque dopo aver letto se ne vada per i fatti suoi - gli chiedo o le chiedo, con indicibile affetto e gratitudine, di dividere la dedica di questo mio libro in quattro parti con mia moglie e i miei bambini.


Si, scrivendo tutto 'sto spatafione su un blog non mi sto guadagnando la dedica, lo ammetto. Però volevo esplorare un po' il mio rapporto con i libri di Salinger, ecco tutto. E per altro il fatto che questa mia discussione stia prendendo la via delle lunghe e sia destinata a risultare inconcludente e noiosa penso sia un segnale di quanto lo stia facendo più per me che per l'altrui "amusement". Un po' come quando Buddy Glass decide di presentarci il fratello Seymour e finisce per presentarlo a se stesso. Penso a Nine Stories, acquistato in inglese su Amazon, credo perfino usato, stampato nel 1991 da Little, Brown Books (la casa editrice del buon J.D.). Della sua aura di accoglienza, semplicità e intimità vi ho già parlato estesamente ieri. Tutta la pagina occupata da parole che vorrebbero rompere gli argini dei margini...bah, è inutile che ricomincio con questo sentimentalfeticismo. Franny e Zooey l'ho letto largamente in tram, o in giro per strada a Milano. Preso in Feltrinelli con un buono regalo. Non so perchè, ma non ho sviluppato lo stesso rapporto che con gli altri volumi. Con lo stesso buono di Franny e Zooey ho preso anche Alzate l'architrave, carpentieri e Seymour: introduzione, che invece è stato parecchio feticistico. Per vari motivi. Primo: mi ha fatto ri-innamorare di Salinger. Il primo dei due racconti mi ha davvero lasciato secco, l'ho finito tenendo la bocca aperta dalla meraviglia di quanto fosse perfetto. Secondo: l'ho prestato, ma prima ha stazionato nel bagagliaio della mia macchina, dove è stato investito da qualche borsa da rugby, rovinandosi. Mezzo strappato e piegacciato, rappresenta in pieno l'ideale di libro vissuto che sto cercando di esprimere. Insomma, un volume con cui si ha un rapporto forte anche dal punto di vista fisico. Il Buddy Glass di Alzate l'architrave, carpentieri e il suo vecchietto sono due amici che riconoscerei in una piazza, e così il libro è riconoscibilissimo a distanza di metri. E arriviamo finalmente a Il Giovane Holden. Posseduto (oramai possiamo anche dirlo, ovviamente in metafora) carnalmente sia in italiano sia in lingua originale. Quello in italiano è il famoso che ho acquistato. Citando il sito di cui sopra:

Queste inusuali tattiche letterarie donano al lettore la posizione di essere di fatto uno dei principali personaggi del libro, rendendo così la sua lettura un'esperienza intensamente personale. Molti leggono per la prima volta Il Giovane Holden quando son giovani. Il suo impatto è di solito molto profondo durante l'adolescenza. La lettura di questo libro molto spesso rimane uno dei ricordi più piacevoli della propria giovinezza, e il legame che si forma tra il personaggio di Holden e il lettore spesso sopravvive agli anni. Rileggendo a distanza di anni il libro, non solo si reistabilisce quel legame con un vecchio amico, ma anche con se stessi da giovani.


"E' tutto vero", ho pensato leggendo questa frase, e ho deciso (ricordando anche una frase del vecchio Fergus che consigliava a una ragazzina di leggerlo e rileggerlo poi a distanza di anni) quindi di rileggermi The Catcher in the Rye. Ci son vari motivi per questa decisione, è una storia lunga, ma oramai ho svaccato in questo post, e vado avanti a raccontarla. Beh, le varie letture di The Catcher in the Rye, come già detto, sono state grandi esperienze, anche se non sarei in grado di discernerle l'una dall'altra. Anche perchè, va detto, lo leggevo con cadenza bi o trimensile praticamente (al liceo ero un divoratore di libri non indifferente, con dei ritmi da fare impallidire il me stesso di adesso). L'ho letto due volte in inglese (appena comprato e la volta della neve) e almeno una decina di volte in italiano. E' uno di quei libri che vanno letti la prima volta come si legge da adolescenti, di quelli che per finirli stai su tutta una notte, una di quelle notti che non dormiresti perchè hai la tua adolescenzialità (meriterei la fucilazione per aver usato questo termine) a tenerti sveglio. E lo finisci alle 4 di notte, rimanendo a bocca aperta, come colto da un'illuminazione o da una rivelazione. Un'epifania. L'ultima volta che l'ho letto credo coincida con il mio stage in Universal. Un periodo di "rottura" nella mia vita, in un certo senso. E in realtà lo cominciai a leggere in inglese e non lo finii. La mia copia inglese era stata acquistata all'areoporto di Heathrow, credo di ritorno da Edinburgo. WH Smith, credo, ma potrebbe essere benissimo anche un Waterstones o qualcos'altro. Quel maledetto febbraio fu una persona a farmi venire voglia di rileggermelo, e fu la stessa persona a cui lo prestai. Non sto a parlare del mio rapporto con questa ragazza o di come si sia perso. Fattostà che da quella volta che le prestai il libro non la vidi più, e il libro con lei rimase, attaccato a fantasmi, rimorsi e rancori. Devo ringraziare due persone in particolare. Peppe e Phoebe, che mi convinsero, mentre si progettava la vacanza in Irlanda del Nord, ad acquistarlo in quel di Belfast. Per voltare una pagina, per chiudere una porta. The Catcher in the Rye l'ho acquistato quindi in quel di Derry, in una giornata passata in compagnia di soli sconosciuti o di me stesso. Una giornata molto emotiva per me, spesa in una città che ha una sua magia e una sua vitalità, incastonata in una terra piena di fascino come l'Irlanda del Nord. E così nuovamente l'acquisto di un libro di Salinger si è rivelato una pietra miliare che ha segnato un momento importante della mia vita, un passaggio di pagina. Dopo Belfast ho imparato molte cose su me stesso, e ancora tante ne sto imparando. Credo siano stati mesi che mi han fatto crescere. Ed è per questo che credo sia venuto il momento di parlare con due vecchi amici. Holden Caulfield e, soprattutto, un me stesso di qualche anno più giovane.

Wednesday, January 30, 2008

Nine Stories

In treno, oggi, ho finito Nine Stories di J.D. Salinger. Mi mancava solo l'ultimo dei Nove Racconti, Teddy. E anche quel racconto, come tanti altri del buon Jerome David, mi ha lasciato di sasso. Perchè i racconti di Salinger mi lasciano di sasso. Per definire cosa vuol dire leggere un racconto di Salinger citerei lo stesso Salinger, da Il giovane Holden: "Il più bello di quei racconti era Il pesciolino nascosto. Parlava di quel ragazzino che non voleva far vedere a nessuno il suo pesciolino rosso perchè l'aveva comprato coi soldi suoi. Una cosa da lasciarti secco". Ecco, a me i racconti di Salinger lasciano secco. Già era cominciata in modo duro, con A perfect day for bananafish, con l'entrata (e uscita) in scena di Seymour Glass, un fantasma pesantissimo che si porta dietro tutta l'opera di Salinger, anche quella non incentrata sulla famiglia Glass. E poi i personaggi così...storti, forse, come Franklin in Just before the war with the Eskimos, e il racconto nel racconto di The Laughing Man, così ben narrato da farmi sentire seduto sul pulmino ad ascoltare le vicende dell'uomo che ride. E For Esmè - with love and squalor. Fino a Teddy, l'ultimo. Un altro di quelli che lasciano secchi, di sasso. Credo sia un libro con cui ho instaurato un rapporto piuttosto profondo. Mi piace la sua copertina sobria, quasi completamente bianca. Il nome della casa editrice, Little, Brown Books. Sono intimo con questo libro anche per come è fatto, rilegato. Il fatto che dopo l'ultima pagina ci sia subito il retro copertina, le pieghette che ha preso. E' un libro da tenersi in tasca, se si hanno tasche abbastanza capienti per tenercelo. E non per estrarlo e leggere un racconto, una frase ogni tanto (anche se i racconti sembrano esser studiati per essere letti durante un viaggio in treno), ma più semplicemente per averlo lì, perchè è il suo posto, più di quanto lo potrebbe essere uno scaffale. In un libro così storto non riesco a trovare una citazione che possa andare (anche se questa frase mi fa morire: "Loretta was Clay's girl. They intended to get married at their earliest convenience. She wrote to him fairly regularly, from a paradise of triple exclamation points and inaccurate observations") e allora citerò l'interno copertina. Che non l'ha scritto Salinger, ma che è una delle cose che mi fa sentire così intimo con la mia copia di Nine Stories:

If you purchase this book without a cover you should be aware that this book may have been stolen property and reported as "unsold and destroyed" to the publisher. In such case neither the author nor the publisher has received any payment for this "stripped book."

Sunday, January 27, 2008

Verb "to Coventrate"

Rho - ATRC 56-7
Molinello, Rho

Coventrate, in italiano coventrizzare. Radere al suolo come a suo tempo successe a Coventry. E la carichissima Going Back to Coventry dei The Men They Couldn't Hang era la canzone che avevo in mente e nelle orecchie oggi, mentre cercavo di caricarmi per una partita che già sapevo sarebbe stato difficile giocare. Si prospettava una partita alla morte, tirata fino all'ultimo. E invece è stato il match peggiore della storia. E le abbiamo anche prese. E io mi son ritrovato, con il mio numero 17, a rimanere seduto in panchina anche quando oramai perdevamo di 40, mancavano dieci minuti, avevamo un ammonito e un infortunato non sostituito. Una delusione tremenda, e domande che saltano in mente immediatamente: "Perchè convocarmi se neanche in una situazione del genere mi fai entrare in campo?". Aspettative deluse, che come al solito placcano l'umore e fiaccano l'animo. Quando poi uno si sente di starci da una vita in panchina, e non solo nel rugby, ma anche in altri aspetti. E non sa che fare se non guardare l'allenatore con uno sguardo che dice: "There is nothing left to lose. Lasciami entrare in campo, dammi una chance, e dimostrerò che anch'io so giocare, che tutto il culo che mi faccio ad allenamento, e non solo, vale qualcosa". Invece si rimane in panca, a soffrire, fino al fischio finale. Rimangono domande, interrogativi, perchè sospesi. Niente ferite da leccare, ma lo stesso umore, coventrizzato, di quegli attimi.

Saturday, January 26, 2008

John Belushi as Billie MacGowan


Una cosa che mi son chiesto tempo fa è stata: da che attore farei interpretare la mia persona in un ipotetico film sulla mia vita? Chi potrebbe rappresentarmi al meglio? I due nomi che ho partorito sono John Belushi (ma anche il collega Dan Ackroyd) e Ewan McGregor (ma anche il Joseph Gilgun di This is England, forse un po' troppo longilineo. O il Jason Flemyng di Lock, Stock & Two Smoking Barrels). O un Robert Carlysle, però non ce lo vedo troppo nella parte. Tutti attori inglesi o scozzesi, con fantastici accenti che mi si addicono, a parte il grande John Belushi, a cui questo post vorrebbe essere un tributo. Di John Belushi mi piacciono parecchi aspetti:
  • Il suo espressivissimo sopracciglio, che con il mio andrebbe a nozze.
  • L'onore immenso che sarebbe essere interpretato da un mito come John Belushi.
  • Il fatto che abbia fatto parti "inerenti": un giornalista (Ernie Souchak in Continental Divide), un musicista ("Joliet" Jake Blues in Blues Brothers), un alcoolizzato (John "Bluto" Blutarski in Animal House) e un combattente pazzo (Capt. Wild Bill Kelso in 1941) e alcoolizzato, ruolo che ben si accosta a quello che un rugbista è.
  • Le sue basette (vedi Blues Brothers) e il fatto che a volte qualcuno mi ci abbia paragonato (paragone di parecchio azzardato, ovvio).
Comunque io dalla pinguina non ci vado, neanche morto. Ciao John. Che l'ape da una tonnellata sia sempre con te (anche se mi sa che alla fine mi faccio interpretare da Jason Flemyng).

Stand up and be counted

La dieta da i suoi frutti: in allenamento a mille. Tanta voglia, tanto divertimento, e alla fine uno arriva il venerdì in sede e trova il suo nome nella lista dei convocati affissa. E pensa che dopotutto ne vale la pena.

Wednesday, January 23, 2008

Now I'm lagging in deepest Tottenham

La battaglia campale è iniziata, e sta contribuendo ampiamente a fiaccarmi lo spirito e l'istomico. Non da sola, certo. Immagino però che sia normale per una dieta essere così, e voglio mantenere la convinzione, diventerà più facile con il passare del tempo, di sicuro. Periodo in cui, sotto vari aspetti, citando Giorgio Canali, sto cercando "risposte che soffiano in un vento che non c'è" (bleah, ascoltate la canzone senza guardare il video!). E i professori universitari, tra le altre cose, non sono certo d'aiuto, maledetta razza dannata. Restano le piccole grandi cose a tener su il morale. Gli amici che ti stanno vicini, un bell'allenamento spompante a rugby, una serata con gli amici, Futurama (anche se mi fa commuovere troppo spesso). E la quantità infame di scorregge che questa dieta mi spinge a fare (come se già non fossi abbastanza attivo).

Monday, January 21, 2008

Billie on a diet, I know, I know...it's serious

Comincia la battaglia di quota 90. Sono ufficialmente a dieta. Dio mio.

In compenso ho scoperto cosa mi son fatto con il Nitrato: non è corrosione, è ustione da freddo.

A domani, da un mondo di carni bianche, germogli di soia, bianche d'uovo, zero sale e condimenti, riso in bianco e roba magra.

Sunday, January 20, 2008

Acid in Noverasco

Stella Rossa Milano - TraGevano 15-0
Mastini Melegnano - TraGevano 15-5
Campo da rugby, Noverasco


Noverasco. Biss che torna in campo, e soprattutto io che torno in campo. Aspetti positivi e aspetti negativi, senza dubbio. Però son contento. Di negativo ci sono i risultati: due partite e due sconfitte. In particolare c'è stata la sconfitta contro lo Stella Rossa di Milano che non è andata giù. Perchè è stata colpa nostra, siamo scesi in campo senza convinzione, e loro invece ci han messo i piedi in testa. Quando finalmente abbiamo deciso di reagire, era troppo tardi. E' una sconfitta che brucia, e credo che quella squadra ci rimarrà sempre un po' sul gozzo. Io ho cercato di essere un po' "trascinatore". D'altronde eravamo la fusione di due squadre, di cui una alla prima esperienza, e ho cercato di farmi sentire. Mi rimarrà impresso come buon ricordo una percussione dai nostri 22, con tanto di frontinazzo, qualche placcaggio, qualche pigna mollata (ne avrebbero dovute ricevere molte di più) e la mischia in cui ho detto al nostro mediano di introdurla subito visto che cedevano all'ingaggio (e in cui gli abbiamo tirato un bello stirone).
La seconda partita è stata diversissima. L'avversario era il Melegnano, squadra che ha poi vinto il triangolare, e io ho capitanato la squadra. Una partita bellissima da giocare: noi finalmente abbiam tirato fuori palle e convinzione, e entrambe le squadre hanno giocato con aggressività e grinta, all'ultimo respiro. Io mi son proprio divertito, e la squadra ha giocato davvero bene. L'episodio della partita credo possa entrare benissimo nella storia mondiale degli infortuni rugbistici. Entrando in una ruck prendo una testata dritta in testa e finisco a terra, rimanendo fuori gioco qualche secondo. Quando mi rialzo mi spediscono fuori, dandomi il ghiaccio in zachétt. Sacchetto che però perdeva liquido sulla mia fronte. Sento bruciare e penso "Devo aver preso una bella botta, mi brucia la fronte". Poi penso di star perdendo sangue dalla fronte. Solo quando mi brucio il pollice capisco che il Nitrato di Ammonio (NH4NO3) del ghiaccio istantaneo mi stava corrodendo!
Nonostante botta e ustione, son riuscito a tornare in campo per il gran finale. Mercoledì non mi sentivo pronto a tornare in campo, ieri ho giocato più di 100 minuti di rugby, e sono piuttosto contento della mia prestazione. Non male, dai.

Saturday, January 19, 2008

Inner Noverasco Violence

Oggi Billie torna in campo dopo una lunga assenza dovuta al cavigliame. Torneo di Noverasco, triangolare, e Biss che deve accorparsi a un'altra squadra. Però Billie vuole dimostrarsi di non essersi dimenticato come si gioca (bene) a rugby. Ora vado, wish me luck.

Monday, January 14, 2008

Mickybo & Me


Run like shite!

Ho trovato un film che potrebbe mettere seriamente a repentaglio la nomea di Billy Elliot come mio film preferito. Sarà quell'irresistibile versione di Summertime fatta da Billy Stewart a inizio film. Sarà che Durham non l'ho mai vista, mentre Belfast, città dove è ambientato Mickybo & Me, ha avuto un impatto tale su di me da entrarmi sottopelle. Non penso che le lotte dei minatori inglesi avrebbero comunque lo stesso potere di aprirti una ferita nel cervello che i troubles di Belfast possiedono. Sarà che per l'Irlanda del Nord ho sempre avuto una certa fascinazione. O forse è che c'è una Chopper Bike, e io ho visto una Chopper Bike per la prima volta a Derry, mentre andavo al Free Derry Point. Soprattutto è che il film mette in pellicola le stesse riflessioni che ho avuto spesso nella mia discesa all'inferno belfastiana e che, maledizione, il film riesce a dipingere con due colpi ben assestati le sensazioni che Belfast evoca per la sua natura. Poi sono un fan di un certo genere western anomalo (altro film, che parla sempre di una nazione divisa, e che ha un tocco western: No Man's Land, ambientato tra due trincee in ex-Jugoslavia) e Mickybo "Butch Cassidy" Boyle, 8 anni, dalla cattolica Palestine Street, e Jon Jo "The Sundance Kid" Wright, che invece ha 9 anni e viene dall'altra parte del Tate's Avenue Bridge, confine invisibile ma presente tra le due fazioni, sono dei banditi perfetti, che rendono Belfast e l'Irlanda del Nord il set di rapine e fughe epiche quanto quelle dei loro eroi Paul Newman e Robert Redford. Le loro avventure, l'incredibile gioia che sprizzano sembrano illuminare Belfast (giuro che il film riesce a non cadere nella retorica in cui sto cadendo io). Vi lascio con la seguente riflessione, di Noel Megahey del DVD Times, con una citazione e con l'inizio del film.

Each atrocity only marks that division further. [...] The film’s tough ending underlines the fact the Mickybo and Me is not just about the loss of innocence of two young boys – it’s about the loss of innocence of a whole generation that grew up in Northern Ireland during this period.
***
I'm Butch fuckin' Cassidy!



Scots'n'roll

Viadanese weekend, in occasione dell'ultima partita di Heineken della squadra lombarda. Disceso assieme a quattro altri malati (grazie per "Mickybo & Me", Al, lo guarderò al più presto!) allo Zaffanella, mi son goduto una bella partita con i Glasgow Warriors (finita, per onor di cronaca, 18-15 per i Glaswegians). Probabilmente tutto quel Prosecco di Valdobbiadene che è scorso a litri nella nostra sede il venerdì sera era ancora in circolo, tra l'altro. La serata è stata molto carina, in quel di Parma, grazie all'ospitalità di Kao e ai suoi contatti con lo staff degli Warriors. Più che una serata è stato un corso di aggiornamento sulle abitudini degli scozzesi ubriachi. Tipo attaccarsi banconote sulla fronte usando birra o saliva. E poi scambiarsele fronte a fronte. O baciare simboli della Scozia su maglie altrui. O declamare "Mag-nificò albéro dinattale" di fronte all'abete rosso che sta in una piazza parmigiana. O inneggiare al Gloucester ("Glooos-taah! Glooos-taah!") al passaggio degli inglesi del Bath, ultrarivali appunto del Glos. Fortunatamente tra le tante varianti e new entry, una cosa rimane di moda: offrire da bere! Una domanda mi è sorta. Perchè ogni volta che ho a che fare con dei Glaswegians ne trovo sempre uno che si è visto i Clash ad Aberdeen? Lucky bastard.

Friday, January 11, 2008

Pugni

Si legge a piè spronato quassù, che vi credete? Eh, si, i regali di natale son stati ciucciati con gusto in breve tempo. Pugni di Pietro Grossi è stato il regalo della ragazza di mio fratello, e in due serate è stato smembrato. Bello e scritto bene, parla di rapporti tra due persone e di "crescita". Tre racconti. Boxe, Cavalli e La Scimmia. Parto dal fondo: che pensereste se un vostro amico si mettesse a fare "la scimmia", e per mesi si comportasse come uno scimpanzè? L'ultimo racconto, assieme a Cavalli (che però mi ha preso tantissimo), ha per me il difetto di lasciare troppe cose sotto silenzio. E' lo stile di Grossi, a occhio e croce, però son così tante che a me venivano i nervi. Più che altro non mi piace quando l'ambientazione è troppo anonima, sospesa per aria. Bello anche Cavalli, che esplora il rapporto tra due fratelli, ma quello che mi ha incantato veramente è stato Boxe. Boxe che non ha il "difetto" degli altri due racconti, benchè per esempio non mi pare venga mai citato il nome del protagonista. Forse il tutto era dovuto alla narrazione in prima persona. Beh, il protagonista si ribella ai genitori e va a fare boxe, senza mai superare però il divieto della madre di combattere. Però è bravo, è dannatamente bravo, e ben presto si spargono leggende sul suo conto. Il Ballerino, lo chiamano, e lui ci si crogiola: è una leggenda, un supereroe, è il migliore di tutti. Senza mai aver combattuto. Non siamo forse così prima di crescere? Un giorno però ti compare sul ring uno che è il più forte, tra quelli che combattono, La Capra. D'improvviso hai il dubbio di non essere il più forte, e sei costretto a metterti in gioco per dimostrarlo a te stesso. Non male come metafora sulla crescita, e il racconto è veramente bello, oltre a convogliare la puzza di sudore di una palestra di boxe. Bravo Pietro Grossi.

Là dentro c'era una logica. Là dentro nessuno poteva scappare, né te né gli altri, e sapevi contro chi combattevi, ed era sempre uno solo, e pesava quanto te, e se ti batteva voleva dire che era più bravo, o aveva più esperienza, e in entrambi i casi dalla sconfitta non avevi che da imparare. Sembra assurdo, ma finisce che vai in quel posto dove tutti menano le mani perchè ti senti più sicuro.

Thursday, January 10, 2008

The Groundwater Diaries

Sottotitolo: Trials, Tributaries and Tall Stories from Beneath the Streets of London, di Tim Bradford. Il buon Tim Bradford che avevo conosciuto leggendo l'esilarante Is Shane MacGowan Still Alive?, un libro di viaggi che scaturisce dal tentativo di vendere una Vauxhall Corsa sul suolo irlandese. Me lo portai dietro in Irlanda, come unica guida turistica che avevo, anche se alla fine finì che ne rilessi un pezzo solamente in bus per andare da Galway all'areoporto di Shannon. Spinto dall'entusiasmo che mi aveva suscitato alla lettura (devo ringraziare, credo, il buon vecchio Moris di AI per averlo citato e consigliato e per avermi convinto a cercarlo e acquistarlo), ho comprato anche l'altro libro scritto da Tim Bradford, ovvero The Groundwater Diaries. Altro libro di viaggi, circa. Più di camminate per Londra. Attenzione però, bisogna introdurre la figura di Tim Bradford. Non è un "viaggiatore professionista", è un vignettista per una rivista sportiva indipendente. E questo ci fa capire la trasversalità di come prende la sua missione. Spinto da sogni basati sui fiumi, si lancia in un'avventura di rabdomanzia armato di grucce di appendino, lattine di Tennent's Super e una guida A to Z alla ricerca dei fiumi sotterranei o comunque dimenticati di Londra, e forse di un "Underground Tim". Alla ricerca dell'origine del punk danese (nato da una compilation anarco-punk pubblicata dai Crass, "Bullshit Detector vol.1" gettata in un fiume e arrivata attraverso il mare a un contadino danese, il fondatore della PRIMA punk-band danese), all'inseguimento di teorie cospiratorie sui massoni, i fiumi e lo stadio dell'Arsenal, al ritorno alla toccante vicenda degli animali domestici morti di casa Bradford e di come questi si colleghino alla morte di Ian Curtis dei Joy Division, alla scoperta dell'esplosione del punk londinese sulle sponde del fiume Westbourne. Respiro. E di come Whitesnake e Deep Purple si siano persi nelle fogne di Londra litigando per chi dovesse suonarci, dell'esistenza del Tao dell'Essex, della carambola free-jazz (ottenibile solo dopo un certo numero di pinte) e del funerale tributo a Felipe Romero, un busker della metropolitana londinese. Bel libro, divertente e esilarante. Un po' troppo lungo però, cazzo, Tim!

Some good news. My sister-in-law has been asked to join a pub ska band in Derby. Course, she's gone and nicked my old trombone. Slide's knackered, love, I said to her, but she wouldn't listen. To help her out I worked on a ska arrangement of the Panorama theme tune for about five minutes in the pub, but she wasn't interested. Then it occured to me that we could finally end all wars if only all national anthems were played in a ska style.


Babbo visto da Tim Bradford

Ankle Wars

Si, cazzo, si. La caviglia continua a rompere le palle. E non è mica bello. "Ruggine", dice Mengele, il nostro preparatore atletico "Non gli dare troppa importanza, non ti far fretta". E allora calma, pazienza e tanta anche. Perchè io ho voglia di dare, ma problemi fisici. "Adesso ci mettiamo in forma e si risolve tutto", mi promette. Massì. In fondo, come dice il detto

Con tanta pazienza e un po' di vaselina
Anche l'elefante ha inculato la formichina

Monday, January 07, 2008

Tolleranza Zero

Marabou Stork Nightmares. Irvine Welsh. In italiano, Tolleranza Zero. Regalo di natale del buon Bimbo, appassionatissimo di Welsh. Io con lo scozzesaccio di Edinburgo non avevo mai avuto a che fare, e finalmente ho letto un suo libro, con saldi in mente gli avvertimenti circa la crudezza dei libri del buon Irvine. I temi sono quelli che ci si può immaginare, insomma: droga, degrado urbano, hooliganismo, sesso violento. La cosa interessante è come è narrata l'intera faccenda: Roy Strang, il protagonista e narratore, è in coma, e svaria su tre piani. La realtà esterna che riesce a percepire, con grande paura di svegliarsi e ritrovarsi nelle grinfie della terribile famiglia in cui vive, la progressiva riscoperta del suo passato e il piano più profondo, una caccia al Marabù di vitale importanza per Roy, condotta assieme al buon Sandy Jameson. Libro per nulla facile da digerire, ma decisamente coinvolgente, tanto che me lo sono divorato nel giro di quattro giorni, almeno credo. Beh, mi è piaciuto, anche se non credo lo rileggerei volentieri, mettiamola così. Però bisogna dare a Welsh il merito di una narrazione magistrale, che mi ha lasciato avvinto alla storia fino all'ultimo capitolo. Consiglio crescita di pelo sullo stomaco prima della lettura comunque. Una cosa che non mi ha convinto è stata la traduzione, ma vorrei leggerlo in lingua originale prima di dare un giudizio definitivo. Certe cose, penso, sono anche volute, ma personalmente non mi sembravano le soluzioni più adatte, e alla lunga potevano dare sui nervi. Penultima osservazione: la Z è stata la protagonista di due degli ultimi libri che ho letto (qua c'era la Z di Zero, dei manifesti della campagna "Tolleranza Zero" lanciata a Edinburgo, da cui prende il titolo un capitolo e la versione italiana del titolo; in La Gang del Pensiero di Tibor Fischer c'era la Z di Zetetica), e in entrambi compariva a un certo punto un'enorme Z composta di parole. Conoscete altri libri che facciano questa cosa? Ovviamente esclusivamente con la Z. Ultima cosa: devo proporre a Irvine Welsh di scrivere un libro a 4 mani sulla tormentata vicenda umana di Jimmy Sandison, difensore centrale e capitano dell'Airdrieonians F.C., protagonista durante una semifinale di Scottish Cup contro il Dunfermline, di una decisione arbitrale piuttosto discutibile.

Volevo aiutarlo. Volevo aiutare tutte le persone che avevano subito torti, anche se quella che stavo vedendo era solo una cazzuta videocassetta di una partita di futbal. Non avevo mai visto un uomo così sconvolto di fronte a quello che secondo lui era un aborto di giustizia sportiva.

Saturday, January 05, 2008

Here we go again

Ricominciato gli allenamenti, e devo dire che è stato sfiancante. Il raggiungimento di quota 90 ha lasciato presagire una lunga battaglia campale, che è appena cominciata, e di cui sento le prime ferite. Fiato corto, caviglia ancora dolorante per via di quella decina di chili in eccesso, spasmi addominali e dolori vari per la tensione, mi è pure partita una fitta intercostale qualche ora dopo. Siccome è inaccettabile che a 22 anni stia conciato fisicamente peggio di un sessantenne, è ora di perdere questi chili, di mettermi in forma e di iniziare a fare sul serio. Essì, cazzo, questo è un manifesto programmatico. Sarà dura, ma Ce La Devo Farcela! Possa Dio guidare la bocca del mio istomico.
Bello ritornare in sede, anche se il freddo la rende molto meno casa e il disordine la rende molto meno accogliente di tante altre volte. Però il tavolo con i compagni, riso coi gamberi e pollo con anacardi, è sempre una goduria.

Thursday, January 03, 2008

Wednesday, January 02, 2008

Lock, Stock & Stomacicamente letargico


A minute ago this was the safest job in the world. Now it's turning into a bad day in Bosnia!

Il 2008 si è presentato sotto forma di digestione laboriosa. Sarà che alzarsi all'una e fare colazione con le gocciole e subito dopo passare al panino al salame non è stata una grande idea. O sarà che il mio migliore amico a Capodanno (tenutosi a Garzeno, 860 slm) è stato William. Poi la stanchezza ha fatto pagare pedaggio, e la sera son crollato testa sul tavolo della cena subito dopo l'antipasto. Son entrato nel mio lettino e mi son risvegliato all'una di notte. E mi son dato alla TV (quanto tempo che non guardavo la TV!), dove ho avuto modo di ascoltare una canzone dei Carbon/Silicon che mi piacicchiava e soprattutto ho avuto modo di rivedermi, grazie a una delle grandi proposte che rendono Mamma Rai ancora una grande rete televisiva, Lock, Stock & Two Smoking Barrels, stavolta tradotto in italiano (Lock & Stock, pazzi scatenati).

I asked for a refreshing drink, I didn't expect a fucking rainforest! I could fall in love with an orangutan in that!

Gangster movie londinese con una trama perfetta al millimetro, con battute pennellate con la precisione di un cecchino serbo (nonostante, ahimè, la traduzione non renda giustizia ad alcune di queste. In particolare l'inizio con il ricettatore che parla in rima a me è parsa una soluzione piuttosto dozzinale. Lo so, alcune cose le dice in rima, ma in italiano non rende un cazzo). La colonna sonora è ottima, dall'iniziale "100 Mile High City" degli Ocean Colour Scene, a James Brown, Iggy Pop & The Stooges ("I Wanna Be Your Dog"), Dusty Springfield, la grandiosa versione originale di "Police And Thieves" (Junior Marvin) e soprattutto, nella scena della sparatoria, i Gipsy Kings che rifanno "Zorba the Greek", il famosissimo sirtaki.

The entire British empire was built on cups of tea, and if you think I'm going to war without one, mate, you're mistaken.

Poi, beh, nanna. Sveglia tardiva, mi sento come reduce da un jet-lag alcoolico. La buona notizia è che nevica. La cattiva notizia è che ho lo stomaco che si sta strizzando, che solo a bere acqua fa male. La buona notizia è che però il caffè è andato giù liscio. La cattiva notizia è che a parte forse qualche frutto, temo che oggi digiunerò. Decompressione post-festiva. Poi dovrò rimettermi in regola, le feste mi han fatto superare quota 90, il che non è carino.

When you dance with the devil, you wait for the song to stop.

Dopo tutto questo, metterei una citazione geniale da Lock, Stock & Two Smoking Barrels e chiuderei il post con un'altra citazione dal medesimo (le minicitazioni che sto mettendo per scandire il ritmo del post). Ci metto anche un video, una scena grandiosa, costruita magistralmente. L'avviso (c'è anche un disclaimer) è che potrebbe svelare parte della trama e rovinarvi la sorpresa se avete intenzione di vedere il film. La citazione invece è questa:

Listen to this one then; you open a company called the Arse Tickler's Faggot Fan Club. You take an advert in the back page of some gay mag, advertising the latest in arse-intruding dildos, sell it a bit with, er... I dunno, "does what no other dildo can do until now", latest and greatest in sexual technology. Guaranteed results or money back, all that bollocks. These dills cost twenty-five each; a snip for all the pleasure they are going to give the recipients. They send a cheque to the company name, nothing offensive, er, Bobbie's Bits or something, for twenty-five. You put these in the bank for two weeks and let them clear. Now this is the clever bit. Then you send back the cheques for twenty-five pounds from the real company name, Arse Tickler's Faggot Fan Club, saying sorry, we couldn't get the supply from America, they have sold out. Now you see how many of the people cash those cheques; not a single soul, because who wants his bank manager to know he tickles arses when he is not paying in cheques!

It's been emotional.




(disclaimer: questa scena rivela parte della trama. E' altresì una delle scene migliori di tutto il film. Se volete vedere il film, se non lo avete ancora visto...meglio lasciar stare, vi rovinerebbe la visione)