Tuesday, September 22, 2009

Brand New Studillacs


Le tacchettine che mi portarono in meta ripeterono il miracolo: amichevole (im)Probabili vs (im)Possibili a Seregno, la prima con la squadra nuova. Finalmente il ginocchio ha rotto poco in settimana e io ho potuto sfogare il mio bisogno di rugby. Con una meta in sostegno sull'interno dell'ala e con un bel break e riciclo da un pick'n'go. Poco fiato, maluccio la condizione...ci si lavorerà, intanto l'importante è togliere la ruggine a questo ginocchio. E sabato smaltivo le pantofotacche, che si sono rivelate inadatte, e calzavo per l'ultima volta le tacchettine, ormai sfondate, pronto a pensionarle. Stavolta sono stato attentissimo all'acquisto, spero non sia deludente. Ora resta solo da ribattezzarle...

Sunday, September 06, 2009

These exiled years...



For your land of the free
Now prisons me
To rot in this jail of lost liberty

Wash me down in all of your joy
But don't drag me through this again

I've heard all your sad songs I can hear
It's in with the whiskey and out with the gin
I've heard all your sad songs I can hear
It's another day older in these exiled years
(These Exiled Years dei Flogging Molly era la canzone che sentivo subito dopo una partita, quando stavo cominciando a giocarne qualcuna)

L'oroscopo di Internazionale parlava del mio personale mito dell'esilio, e che qualcosa, questa settimana, mi avrebbe portato a riconsiderarlo. Credo di averlo riconsiderato dal punto di vista del gruppo. Un gruppo che sento ancora, da cui non voglio allontanarmi, con cui voglio rimanere amico. "Possiamo sempre rimanere amici". Non lo so, forse è dura per uno che vive il rugby visceralmente. Ieri sono andato a vedere giocare la mia ex-squadra (visto che ormai il nulla osta è pervenuto e consegnato, e che mi sono preso un impegno da un'altra parte. E soprattutto visto che non voglio arrendermi in partenza, alla prima difficoltà, in una sfida nuova, nonostante mi impaurisca da matti. Voglio dimostrare che io tengo duro). La mia ex-squadra che ancora sento nel cuore. Ed è stata dura non essere con loro, dura non partecipare al Uì, uò, uà, dura fare bel viso agli sfottò del tipo "il giocatore del Seregno", dura non prendere botte in campo con loro, dura pensare che ora c'è un qualcosa di meno che ci lega. C'è "solo" l'amicizia. Ora io sono uno di fuori, uno del contorno, se non addirittura un avversario. Sempre un amico, ma l'amico con cui non si spartirà più spogliatoio, sofferenza due-tre volte a settimana, mischie, fango, pioggia e botte. Solo qualche serata in sede quando li andrò a trovare (spero spesso), qualche birra, qualche piatto di pasta e le solite risate e discorsi. E il mio tifo, incondizionato.
E' dura. Come "restare amici" con una ragazza con cui ci sia stato o si sia desiderato qualcosa di più. E' proprio la stessa cosa. La stessa sensazione di vuoto e malinconia. Spero, se non altro, non preveda la stessa fine, quell'amicizia "per forza" che ti fa sentire merda finchè non decidi di tagliare. D'altronde, la mia decisione l'ho fatta. Ho deciso di rimuovere la mia vita "from the hands and strings of fools, and try to build a dream". Mi sento confuso, estremamente emotivo, facile alla tristezza e alle lacrime. Spero solo i miei vecchi compagni di squadra, con cui tanto ho condiviso che è difficile toglierseli dal cuore (e metà dei miei discorsi coi nuovi compagni di Seregno sono cominciati con: "Noi a Tradate avevamo/facevamo/una volta abbiamo...").
E' triste, dovrò farmene una ragione, anche se pensavo di soffrire di meno e di risolvere prima il passaggio. Ho bisogno, bisogno tremendo del campo. Della partita. Degli spogliatoi. Di infilarmi una maglia uguale a tutti gli altri, uscire sotto il sole abbagliante, baciare il cuore della maglia, la nocca del mio mignolo sinistro e scendere in campo per dare tutto quello che ho. Non son più di una parte, anche se questo senso di appartenenza a metà mi tormenta, e non sono ancora completamente nell'altra. Stringo i denti. Questo limbo emotivo-rugbistico non può durare per sempre. Sono forte, mi devo rialzare. E dimostrare quel che valgo. Ai vecchi compagni, che son stati fratelli, ai nuovi, che lo diventeranno. A un vecchio compagno di squadra, che un po' ho incoraggiato, e che mi dava palate di fiducia, e di fronte a cui mi sono sentito, malgrado tutto, un pusillanime. A chi crede in me, mi stima e stimola continuamente, a chi mi ha sostenuto, a chi mi sosterrà e a chi continua a farlo sempre (a Lei, soprattutto). A un ragazzo che ha il cuore in gola quando gioca, per cui il campo da rugby è sacro, per cui i compagni sono fratelli, che per la palla ovale arriva a piangere - motivo per cui non può accettare che "alla fine è solo un gioco". E' per quel ragazzo che ho fatto questo salto nel buio, che comporta paura e sofferenza e denti mentali da stringere. Per me.