Gita a Rontano, 2
4 months ago
This is Billie and This is Billie and This is Billie
In realtà non ho particolarmente voglia di parlare di questo libro di Tibor Fischer, visto che è la terza volta che lo leggo. Credo sia il mio libro preferito, o almeno sia tra i miei preferiti. Un capolavoro assoluto, fatto di humour nero, storia ungherese e emozioni fortissime. Quello che Fischer ha perso nei suoi libri seguenti. Quel di cui voglio parlare è il Blood in the pool match, una partita di pallanuoto che vide Ungheria e URSS fronteggiarsi meno di un mese dopo che i sovietici avevano soffocato nel sangue la Rivoluzione Ungherese del 23 ottobre 1956. Miei primi giorni nel team di Storie di Sport, accenno a Christian la mia intenzione, ormai viva da mesi, di scrivere qualcosa su questa partita. Lui mi dice che era già in progetto e, entusiasta, rigira il compito a me. Io decido che devo rileggermi Sotto il culo della rana, e me lo faccio restituire da Enzo, a cui l'avevo prestato e che non l'ha mai finito. E me lo rileggo, scoppiando in lacrime calde sul treno che da Roma mi riportava a Nord, e dove ho buttato giù la prima frase dell'articolo. L'ho citato come fonte storica (l'ultimo capitolo, guardacaso l'unico intitolato con un giorno invece che un mese, 23 ottobre 1956, è storicamente ineccepibile nel ricostruire i fatti di Budapest), nonostante sia un romanzo. L'articolo lo trovate qua:Per tutti coloro che hanno combattuto
(Non solo nel '56. Non solo in Ungheria)
Me ne stavo in giro per Cantù a cercare di capire tariffe di cellulare e simili. Entro in un Mediaworld e trovo La famiglia Winshaw di Jonathan Coe a sei euro. E non me lo lascio scappare, perchè adoro Coe, e ho tanto amato il suo The Rotters' Club (La banda dei brocchi). E, al contrario di quanto accadde con Il Circolo Chiuso, Coe non mi ha deluso: un libro perfetto, che unisce le cose che preferisco dello stile dell'autore. Il modo che ha di infilare la sua storia e i suoi personaggi nella Storia vera e propria, dando così ai suoi libri anche un valore di studio sociale. Il modo che ha di far quadrare tutto, di non lasciare nulla al caso, quella perfezione che non ha nemmeno uno sbaffo. E poi il modo in cui utilizza altri "mezzi di comunicazione" nei suoi libri, citando da libri esistenti o fittizzi, passando dalla narrazione all'articolo di giornale, a sceneggiature di film, canzoni, opere teatrali, telegiornali...qualsiasi cosa gli venga in mente. E la storia degli avidi Winshaw e di Michael Owen sono fantasticamente condotte, dandoci quella sensazione di essere intrappolati in un gomitolo, e che le dita degli Winshaw arrivino in ogni angolo dell'esistenza, a tormentare e saccheggiare, attraverso la loro follia, lasciando una "striscia di distruzione" lungo il loro passaggio. Tra le due citazioni messe da Coe a inizio libro, mi ha colpito molto quella presa dalla canzone Yuri Gagarin di Louis Philippe (il cosmonauta è uno dei leit-motiv ricorrenti del libro): "'Meet me' / He'd said and forgotten / 'Love me' / But of love we are frightened / We'd rather leave and fly to the moon / Than say the right word too soon / We'd lose our cruel strenght / We're so proud to waste a chance"."Non puoi spegnermi," disse.
"Scusa?"
"Dico che non puoi spegnermi."
Fece cenno alle mie mani. Mi ero riseduto nella poltrona di fronte a lei e, senza rendermene conto, avevo raccolto il telecomando del videoregistratore. Che ora era puntato verso di lei e il mio dito era andato alla cieca verso il tasto "pause".
Sempre detto io, che Roddy Doyle va meglio sulla breve distanza. Che nei libri o nelle saghe lunghe, dopo un po' tende a trascinarsi e diventare noiosetto e ripetitivo, e vagare senza capire dove andare a parare. Ed eccomi qua con il suo ultimo libro, una raccolta di racconti dal titolo The Deportees. Racconti scritti per il giornale multiculturale irlandese Metro Eireann, gestito da due nigeriani. Racconti che parlano di un Irlanda multiculturale dove è all'ordine del giorno che, come dice lo stesso Roddy Doyle nella prefazione, "qualcuno di vecchio incontra qualcuno di nuovo". E nei racconti Roddy Doyle fa venire fuori tutto: la paura del diverso, l'ignoranza di un popolo verso l'altro, la freschezza di una nuova conoscenza, pregiudizi, amori, incomprensioni e screzi. E si passa da Home to Harlem, dove un nero irlandese cerca una tesi di laurea, un nonno di cui non conosce il nome e una sua identità a New York, a Guess Who's Coming for the Dinner, in cui l'apertura mentale di un padre viene messa a dura prova dal ragazzo nigeriano invitato a cena da una delle figlie. Da New Boy, che racconta il primo giorno di scuola di un ragazzino di colore che deve imparare a gestire un nuovo ambiente e nuove conoscenze, non tutte positive, a I Understand, dove la persona di colore che deve gestirle non è più un bambino di quinta elementare, ma un adulto che si trova a fare i conti con problemi molto più seri. E infine il racconto che da il titolo al libro, The Deportees. Ricordate The Commitments? Il manager, Jimmy Rabbitte? Ecco, ora Jimmy Rabbitte ha moglie e figli. Ma la scintilla dentro di lui non si è ancora spenta e, improvvisamente, decide che deve fondare un nuovo gruppo. E fonda la band più multietnica del pianeta: un batterista russo, un trombettista e un fisarmonicista rumeni, un chitarrista, una bassista punk e un cantante irlandesi, una chitarrista spagnola, un cantante sudafricano e un percussionista nigeriano. Stavolta la musica di Dublino non è più il soul, stavolta da Barrytown escono le Dust Bowl Ballads di Woody Guthrie, però. Da quel racconto, estraggo la nostalgia di Jimmy Rabbitte per i bei tempi passati e la faccio mia:It was months since he'd been to a gig. Months. He used to go to gigs all the time. He used to make gigs. He'd managed bands, some great ones. There was The Commitments. ('The best Irish band never recorded' - d'side. 'Shite' - Northside News.) There was The Brassers. ('Sex and guitars' - In Dublin. 'Shite' - Northside News.) Great days, when twenty-four hours weren't enough, when sleeping was a waste of time.Ma non posso non citare il ritorno di uno dei miei personaggi preferiti mai creati da Roddy Doyle, Mickah Wallace, ex-batterista e buttafuori dei Commitments, riassunto da Jimmy Rabbitte in seguito alle telefonate di un maniaco sul numero messo negli annunci per formare la band:
And he delivered for Celtic Tandoori, the local takeaway. Fat Gandhi, the owner - real name, Eric Murphy - gave Mickah three nights a week.
- We go to the same church, said Mickah. - He's sound.
Mickah was a born-again Christian.
- It's been the makin' of me, m'n. I owe it all to the Lord.
Jimmy told him about The Deportees, and about the late-night/early-morning phone caller.
- What would the Lord do about it, Mickah? said Jimmy.
- Hammer the shite out of him, said Mickah.