Il Crespi abbaglia. Tutti i campi lo fanno, a mezzogiorno, l'una del pomeriggio, nelle domeniche assolate, all'ora più o meno in cui emergi dallo spogliatoio per entrare in campo e scaldarti. Tutti, ma il Crespi di più, non so perchè. Forse è dovuto all'orientamento degli spogliatoi rispetto al campo, o forse è solo suggestione.
Uscita anticipata dagli spogliatoi: neanche un'ora prima vediamo la macchina di Dervo blindata dalla polizia sull'autostrada, poi capiamo. Era al cellulare, stavano chiamando per anticipare la partita. Senza alcun preavviso. E allora di fretta, allaccia le pantofotacche, tanto nastro adesivo, perchè in spinta venerdì tendevano a schizzare via dal tallone. Un po' di cotone sull'orecchio, sotto il caschetto, mi dimentico di quel mal di schiena che mi sta bloccando da quando mi son svegliato alle 9 e 30. Tutto pronto, inspiro forte mentre affondo la faccia nella "mia" numero 5, la indosso, metto la felpa del Compagno Wojciech e esco dall'oscurità dello spogliatoio. Il sole scintilla, lassù ci sono i binari del treno, appena passata la stazione di Lambrate. Ogni viaggio che faccio, avanti e indietro da Roma, all'andata e al ritorno giro la testa, lo guardo. Una volta ho visto chiaramente il labiale di uno che aveva spedito un calcio sul palo e imprecava. Giuro.
Riscaldamento, mi faccio massaggiare la schiena dal buon Max. In campo, fischio di inizio quasi senza preavviso, io nervoso: mi sento fuori forma, la schiena, chissà se le pantofotacche nuove vanno bene, chissà se so giocare ancora a rugby, e poi sono ultimo uomo in touche per la prima volta in prima squadra. Tutto svanisce appena bacio la nocca, e poi lo stemma sul cuore della maglia. Si parte, e Bassotto 183-174 va subito in meta. Poco più tardi una maul, vedo che la palla non esce, mi infilo dentro, l'arpiono, la porgo al mediano andando a terra. Un passaggio e l'apertura va in meta, 12-0. E poi la touche, il momento della verità. La palla smanacciata dalla seconda dell'A.S.R. sembra cadere. Dritta nelle mie mani, prendo a correre, mi giro per cercare sostegno, non c'è, accelero e rompo un placcaggio. Ok, oggi ci sono.
La partita la chiudiamo presto, il resto è amministrazione. E fango, perchè l'abbagliante Crespi ha il fondo di una pozzanghera infame, smotta sotto le spinte dei tacchetti in mischia chiusa e inzuppa e impantana chiunque finisca a terra. A terra poi, ad abbagliare sono i tacchetti infangati: mai prese tante come ieri. La coscia livida, con un bel graffione, i segni sulla schiena, sulla mano. Alla fine è 45-7 e i dolori, pur zoppichettando verso gli spogliatoi, non si sentono manco più. Neanche la schiena fa più male. Corridoio, complimenti a Mandriano al suo esordio, i miei compagni mi dicono "Bravo". E io mi tengo stretto un sogno che fino all'anno scorso mi sembrava impossibile, e che proprio l'anno scorso aveva iniziato a realizzarsi qui, al Crespi, all'ombra dei binari...18 novembre 2007, numero 7, 15-13 per noi. Non so, mi piace pensare che tutto sia partito da qui, dal primo campo da rugby che ho visto nella mia vita. Da un campo vicino a una stazione, insomma, è appropriato aspettarsi cose che partano. E tornando alla macchina con Bongo e Morris, ci fermiamo un po' a vedere la fine di Amatori - San Mauro Torino. E gli occhi vanno lassù, ai binari. Un formicolio alla nocca...