Dice: "Sei un fascista prestato alla sinistra". Lo dice Cane, per via del fatto che voto Di Pietro e che ho un certo modo di pormi a sinistra con un atteggiamento di destra. Non nel senso di estremi opposti che si confondono, ma nel senso che un po' del rigore e serietà "destrorso" che ci mette Di Pietro, secondo me servirebbe alla sinistra, almeno credo (Cane smentiscimi). Oddio, anche alla destra, che non ha molto della destra, di 'sti tempi. Vabbè, a parte questi discorsi senza senso, Robbby (quack!) decide di regalarmi quindi, per il compleanno, oltre al già citato Cos'è una ragazza, anche Il fasciocomunista - Vita scriteriata di Accio Benassi, di Antonio Pennacchi. Letto in treno in direzione di Latina, guardacaso paese di Pennacchi e luogo principale in cui si svolgono gli eventi del libro. Leggere un libro in treno, una volta di più, si è rivelata un'esperienza particolare (ricordo ancora le lacrime su Baol di Stefano Benni (Milano-Bologna-Milano, sempre per motivi di cuore, e quelle sui Nuovi Misteri d'Italia di Lucarelli di cui ho parlato poco tempo fa), quando Milano-Roma-Latina (le tre stazioni del mio viaggio) si rivelano (oltre a Siena e Bari, ma in modo diverso) i palcoscenici principali di questa storia. Storia di un Accio Benassi che si rivela uno di quei personaggi terremoto della letteratura italiana: memorabile la sequenza in cui Accio mette in piedi uno sciopero per la Zona B di Trieste praticamente da solo. Un libro che, nel suo modo di narrare, mi ha ricordato molto altri due libri, che prendono in mano un personaggio e lo traghettano attraverso Storia e vicende d'Italia, con frequenti rimandi all'attualità di certi personaggi. Trattasi di Due di Due di Andrea De Carlo (pare Pennacchi lo detesti con tutta la sua anima, De Carlo) e Saltatempo di Stefano Benni. Accio Benassi però è un personaggio particolare, rispetto a Saltatempo e ai protagonisti di Due di Due: è un personaggio completamente scorretto, verace nella sua estremità. Parte dall'MSI e finisce alla Volante Rossa, crescendo pian piano e rendendosi testimone delle contraddizioni dei vari mondi con cui si trova ad avere a che fare, distaccandosene e prendendone le distanze. E' un vero cane sciolto, che sembra aver bisogno solo di se stesso. Storia fantastica e ottima nel suo offrire una sfaccettatura diversa, e spesso non andata a cercare, su certe vicende della storia e della politica italiane. Poi la scrittura di Pennacchi mi è piaciuta molto, diretta e vivace, con quell'uso sproporzionato e contagioso dell'espressione Dice: "...", e con i molteplici riferimenti alla storia e architettura di Latina, già Littoria, e a bonifiche e quant'altro. E, come se non bastassero tutte le coincidenze che trovo in libri e canzoni e film ogni volta, c'è anche il buon vecchio rugby:
Abbiamo passato i mesi ad allenarci e a imparare il gioco, e tutti i giorni gli chiedevamo, all'allenatore federale: "Quando facciamo una partita vera?". E finalmente ci hanno organizzato l'incontro d'esordio con la Marina militare, al campo sportivo di Latina, e a noi non pareva vero. Ma quando sono arrivato negli spogliatoi e già stavo per cambiarmi - nel corridoio avevo incrociato il Federale che usciva, ma non ci siamo nemmeno salutati, ho visto che lui ha abbassato il viso, tutto scuro, proprio per non vedermi, e io non l'ho salutato e così è stato poi per sempre, da allora non ci siamo più detti una parola (lui in verità mi mandava a dire che ero un delinquente, un anarchico, un provocatore, e io gli rimandavo che era una testa di cazzo) - ma quando stavo per cambiarmi Adriano, il fondatore della squadra, il boss, il manager, m'ha detto: "No, tu no". Ci sono rimasto di merda. Ero titolare. Lui s'è scusato: "Non ci posso fare niente, non è colpa mia".
"Ma sono il migliore nei placcaggi."
"Lo so, ma quello ha detto che non gliene frega niente, posso giocare pure con uno in meno, posso perdere mille a zero, ma tu non devi giocare." Quella è stata l'umiliazione più grossa, anche perchè in tribuna c'erano un paio di ragazze che erano venute apposta per vedermi, le avevo messe in croce per farle venire: "Mò che gli racconto?". Ho provato a dirgli: "Vabbè, fammi giocare questa e poi dopo non mi faccio più vedere". Niente da fare, era una ritorsione in piena regola. Poi dice perchè non lo ha più salutato, perchè - dopo - hai fatto quello che hai fatto. E' stato più per la squadra di rugby - e per la partita con la Marina militare - che per l'espulsione dal Msi: il Msi lo posso pure capire, la squadra di rugby no. Lupo, invece, lo hanno fatto giocare. Dice: "Ma lui faceva il pilone". Ah, bei ragionamenti.
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