Wednesday, September 10, 2008

Back to Basics

Un giorno ebbi un'opportunità. Scrivere, per una rivista nazionale, pagato. Ricordo la soddisfazione nel leggere il mio nome sotto il titolo dell'articolo, nel vedere il pezzo sulla pagina, i messaggi sorridenti di tanti amici (i cui sorrisi ho l'impressione di sentire sempre meno, alle volte) che si complimentavano con me e che soprattutto, condividevano una grande emozione con me. Gente che aveva braccato ogni edicola per poter vedere il mio articolo pubblicato. Era un periodo di "crescita" per me e a ogni passo sentivo vicini gli incoraggiamenti di tante persone. Non che ora mi senta solo, intendiamoci.
Ricordo la delusione quando, due numeri dopo, acquistai nuovamente il giornale e non trovai il mio articolo. "Mi devo essere sbagliato", e lo sfogliai, ansioso, tre o quattro volte prima di arrendermi. Ricordo le telefonate, le e-mail, la difficoltà di reperire la redazione e alla fine la mia resa. Quell'estate, grazie ad Aska, scrissi articoli che ancora adoro rileggere, avevo anche l'opportunità di fare un articolo per un quotidiano nazionale e per qualche altra collaborazione. In Irlanda, nei momenti solitari che mi offriva Galway, prendevo appunti per narrare la Coppa del Mondo: stavo preparando gli speciali di presentazione del girone che sarebbero apparsi su Rugby Union.
Poi, mi ricordo il senso di vuoto. La delusione di rendermi conto che la rivista non mi aveva pagato e il realizzare che non l'avrebbe mai fatto. Non è per quei 90 euro, intendiamoci, che comunque mi avrebbero fatto più che comodo. E' proprio il fatto di rendersi conto che di quel lavoro, la prima opportunità "vera", in realtà non fregava un cazzo a nessuno. Che l'avevo fatto unicamente per la gloria (motivazione più che nobile, per l'amor del cielo, ma non quando le prospettive comprendono anche altro). Pian piano l'entusiasmo scese e, tra lavoro e università, si perse abbastanza la mia voglia di scrivere di rugby. Rugby Union chiuse i battenti e, per diversi mesi, solo il sito della mia squadra ebbe l'onore di ospitare i miei articoli. Me ne rendo conto solo adesso. Avevo perso il piacere di scrivere di rugby, di fare ricerca, di scovare storie.
Credo di averlo ritrovato, in un certo senso. Ho iniziato una nuova collaborazione, con il sito Storie di Sport. Spero che un giorno mi troverò a ringraziare di cuore Christian (il capoccia del sito), ma anche Aska, per cui scrissi gli articoli cui sono più affezionato, per gli stimoli che mi hanno dato in quel senso. Per ora, sono fiero di presentarvi il mio primo articolo per Storie di Sport:

6 comments:

Christian T. said...

Damiano, la stoffa ce l'hai e questo è l'importante. Anch'io come ti ho detto sono rimasto scottato da un'esperienza con una "rivista nazionale" e la delusione fu tutta per la negazione di una possibilità, più che per una mia convinzione di essere migliore di altri.

Con questo blog mi sono messo in testa di dare quella possibilità a tutti quei ragazzi come te e me che la meriterebbero. Poi certo, alla fine è solo un blog, ma lo sbattimento che ci sto mettendo per contattare persone e spiegargli le stesse cose, rispondere ai loro dubbi, guidarli nella gestione del blog... mi fa sperare che verrà fuori un buon prodotto. E chi lo sa. Alla fine dipende da quanta voglia abbiano i media nazionali di mettersi in gioco, rinnovarsi, provare persone nuove con idee nuove e professionalità.
Proprio la professionalità, a mio parere, è alla base di tutto. Un lavoro deve rimanere amatoriale ma seguire metodi professionali (le fonti, ad esempio). Solo così viene fuori un prodotto interessante e ben fatto, che attrae "l'utente medio", l'appassionato e il professionista.

Tu parli di gloria, e la voglia di mettersi in mostra perchè si fa bene qualcosa è lodevole, non c'è assolutamente bisogno di giustificazioni. Come ti ho già detto ti apprezzo molto e mi sento molto vicino a te per il modo con cui affronti questa nuova esperienza; spero che per te sia occasione di lancio/rilancio, come per tutti gli altri che partecipano, spero di poter un giorno comprare una rivista nazionale e leggere il tuo nome perchè te lo meriti. E forse questo è il difetto più grande, visto che l'Italia rigetta il concetto di meritocrazia. Male che va, il blog è anche tuo, e potrai sempre rifugiarti lì.

E ricordati che non dovrai mai ringraziare me. Io ho solo provato ad applicare il concetto "l'unione fa la forza" e ho stanato qualche ragazzo meritevole dall'anonimato della rete. Tutto quel che verrà sarà merito o demerito tuo.

Gianluca Toschi said...
This comment has been removed by the author.
Gianluca Toschi said...

Ho tolto io il commento... mancava la firma!

Allora... come ti dicevo ieri, a me il tuo pezzo piace molto, soprattutto la prima parte. Bello il sito, mi piace come idea, e poi, come mi ha detto nambereit una volta "...tu al rugby ti sei avvicinato con intento sociologico...." figurati se non amo le storie di rugby!

Billie.... dobbiamo andare di là.... e tu lo sai bene!

Giandolmen

Orso said...

Se quelli della "rivista nazionale" sono dei fessi non è colpa tua, cmq io ho smesso di comperarla, per esempio.
RugbyUnion mi manca un disastro, (anche perchè era l'unico sito su cui trovavo il rugby minore senza dovermi rompere le balle a tradurre gli articoli).
Gli alti e bassi sono fisiologici, ora che anche l'università ti lascierà tempo libero dacci dentro, di nuovo... c'è un sacco di gente che aspetta di leggere...
;)

Paco said...

molto bello l'articolo, Billie, complimenti

Max_am said...

Bring Back Billie
:D