E' difficile parlare del libro di un amico. Mandato via posta da una persona con cui hai condiviso una partita di rugby, con tanto di dedica autografa. Insomma, non mi è mai capitato di dover dire a Coe che l'inizio de "Il Circolo Chiuso" è un po' faticoso, nè a Stefano Benni che ultimamente è ripetitivo, nè a Roddy Doyle che se la cava meglio sulla corta distanza, e che mi son bloccato su "Oh, play that song". Non avrei il coraggio di confessarglielo, come non l'avrei di confessare analoghi blocchi a Ernest Hemingway ("Per chi suona la campana") o Beppe Fenoglio ("Il partigiano Johnny"). La confessione a Hemingway sarebbe particolarmente penosa: l'ho iniziato tre volte e ho sempre mollato dopo non più di venti pagine. In compenso, J.D. Salinger si sentirebbe dire che di "The Catcher In The Rye" e di "Alzate l'architrave, carpentieri" non cambierei una parola. E poi, a parte la paura di "offenderli" con commenti ingenerosi, ovviamente c'è sempre la paura di non saper fare un "commento" che sappia soddisfare l'autore del libro. A Salinger saprei dire che "The Catcher in the Rye" è stato il libro della mia adolescenza, che mi ha segnato, che è stato importantissimo per me e che l'ho letto decine di volte in italiano e almeno 3-4 in inglese. Non sarei però capace di mettere a fuoco e spiegargli il perchè. Maurizio (Mapelli) dovrà quindi accontentarsi di esser citato qua sul Blogomahono.
Le due dame di Chobunsai e Alessandro
5 years ago
2 comments:
…boia, dé!
direbbero a livorno.
è che trovare una persona a cui piace leggere, oggi come oggi, non è mica facile. così mi ha fatto piacere mandartelo. ma poi ne riparleremo a recco, spero.
ciau
m.map
Thanks forr writing this
Post a Comment