Wednesday, March 26, 2008

St.Swithin's Day

Ok, vi ricordate la mia fissa tremenda per The Catcher in the Rye? Il mio feticismo su Salinger? A dicembre ho ordinato una cosa su Amazon. C'erano problemi con la spedizione in Europa (semplicemente non la facevano), e allora il pacco, partito dalla West Virginia, ha dovuto fare tappa in California, dove vive mia sorella. Sorella tornata in Europa per Pasqua, con il prezioso pacco in valigia. Pacco che mi ha consegnato ieri. Dentro, una busta di plastica, di quelle da collezionisti di fumetti. Perchè il contenuto era un fumetto. Anche abbastanza raro, visto che la casa editrice è fallita l'anno successivo alla pubblicazione e la ristampa del 1998 è andata esaurita. Ed è così che mi ritrovo in mano, con una leggerissima crease sulla copertina, mi ritrovo in mano, delicata e chiusa in una busta di plastica che non fa che dare una connotazione feticistica anche a questa pubblicazione, St.Swithin's Day, graphic novel con testi di Grant Morrison e disegni di Paul Grist, edito da Trident Comics nel 1990. Perchè c'entra con me, dove ho scovato 'sta dimenticata rarità da buco del ragno? Cercavo su Google il testo di St.Swithin's Day di Billy Bragg, una canzone a cui sono molto legato (e c'è anche una mitologia felsinea circa la Partita dell'Anno che tira in ballo questo giorno). E leggo il risultato "St.Swithin's Day (comic) - Wikipedia, the free encyclopedia", la cui didascalia cita:

St.Swithin's Day tells the story of an alienated British teenager in the 1980s and in particular, Margaret Thatcher's time as British Prime Minister...

Una descrizione che è bastata a incuriosirmi, ovviamente. Aperta la pagina, cerco di scoprire di più, e scopro che la scena di apertura vede il protagonista taccheggiare in un negozio di libri una copia di The Catcher in the Rye. Curioso, nevvero? E il protagonista dice "I want them to find it in my pocket when this is all over". It? It cosa sarebbe? Sarebbe che il nostro diciannovenne senza nome prende un treno per Londra con uno scopo preciso: assassinare Margaret Thatcher, per far smettere "la pioggia". Il viaggio, l'intero novel, è un piccolo rito di passaggio, con tanto di scritte sul corpo (il nostro Holden Caulfield del nord dell'Inghilterra, spaventato dall'idea di venire incasellato in una categoria, si scrive sulla fronte NEUROTIC BOY OUTSIDER). Riti di passaggio, di crescita, di iniziazione, cose che mi han sempre affascinato e in questo momento lo fanno in maniera ancora più forte. Neurotic Boy Outsider, purtroppo, rimane anch'essa una categoria, una casella. E anch'io ho avuto i miei problemi con le caselle. Però è una casella verso la quale provo un certo qual affetto. E' la stessa casella di Holden Caulfield, e di mille altri miei eroi. Sento che sia stata anche la mia casella per diverso tempo, e rimane un po' di Neurotic Boy Outsider dentro di me, ne sono certo. E questo fumetto, così faticosamente atteso, così feticisticamente arrivato, così velocemente fruito (un quarto d'ora di lettura) è un ritratto splendido dei pensieri di qualsiasi Neurotic Boy Outsider. E' una storia molto personale (il racconto di Grant Morrison è in parte autobiografico, oltretutto), ma come tante storie personali, è condivisibile da tantissimi e coinvolgente per chi ha empatia con tali sensazioni. Il Sun, alla pubblicazione del libro, titolò "Death to Maggie book sparks Tory uproar", fermandosi alla superficie, alla mera idea che il punto del libro sia l'assassinio di Margaret Thatcher. Quando in realtà potrebbe benissimo parlare di una fuga da scuola a New York o di qualsiasi altro atto. La protagonista non è Maggie, che è un semplice tema di colonna sonora. Il protagonista è il Neurotic Boy Outsider senza nome. Colonna sonora consigliata per la lettura: There she goes e The Day that Thatcher Dies. Ok, lo ammetto, a The Day that Thacher Dies non ci avevo pensato, e forse non è neanche perfetta per il mood. Io ci ho messo Temptation dei New Order.

Saturday, March 22, 2008

My Match

La mia partita. Ne parlai già. L'unica mia presenza da titolare in prima squadra in campionato. Il numero 7 sulla mia schiena. Emozioni fortissime, commozione a mille. Sul filmato promozionale dell'ATRC ci sono anch'io, e allora ho tirato fuori i secondi dedicati a quella partita, tutti per voi, per condividere la mia emozione nell'avere un ovale in mano.




Tuesday, March 18, 2008

Co.Co.Pro.


Vi offrirei anche da bere. Lettera contabile dalla banca, 5 euro di stipendio a gennaio. Un'ora di formazione, pagata la metà di un'ora normale. Peccato che per andare a quell'ora di formazione ho preso un treno che costava 5 euro e 40.

Getting away with it all messed up

Ho conosciuto Spud, indossava un kilt e una camicia hawaiana.

Spud - All that is strange, but harmless.

Come riassumere un weekend come quello passato a Roma gli ultimi giorni? Non saprei farlo. E si che mi si son fatti complimenti da grande affabulatore da un paio di persone. Però è stato un weekend molto pieno, molto particolare e molto sorridente. Non che siano mancati i pensieri e i momenti no, e la stanchezza ha fiaccato non poco il mio stato di forma. Però passare 5 ore a sparare le peggio vaccate a raffica mangiando tiramisù e bevendo cioccolata non ha prezzo. E neanche vedere l'Italia finalmente vincere una gara del Sei Nazioni di fronte ai tuoi occhi. E non ha prezzo nessuno dei momenti passati tra volti amici in questo weekend. Anche quando gente che hai visto per la prima volta, amici di amici, ti ospita e rifocilla, quando per un giramento repentino ci si fa una scarpinata dal pub a vedere il Colosseo, quando rovini a terra in Campo dei Fiori saltando in braccio a un amico e sovrastimando la sua capacità di tenerti senza crollare al suolo. Quando un momento che aveva destato tanta preoccupazione si rivela in realtà tranquillo e senza problemi, quando qualcuno ti viene incontro tutto sorridente, felice di poterti vedere per poterti consegnare un piccolo regalo pensato per te. O quando i piccoli regali vengono accolti col sorriso da qualcun'altro. Quando non ce la fai più dal ridere e tiri testate al tavolo, quando il sonno ha la meglio di te, quando incontri il clone di Spud e, Tom Tom in mano, cerchi di aiutarlo a ritrovare il suo albergo. Quando i cofani diventano tavoli, i parcometri argomenti di conversazione, i doppi sensi volano ad altezza d'aria causando ilarità generale e quando incontri gente che non vedevi da tempo. Quando spieghi a uno scozzese che è già 4 anni che senti scozzesi che ti assicurano che entro due anni l'Italia vincerà il Sei Nazioni, e ci stai parlando perchè l'hai visto cantare una canzone che non conoscevi al pub e gli devi chiedere assolutamente che canzone è. E lui ti dice che è "Getting away with it" dei James. Getting away with it all messed up, getting away with it all messed up, that's the living.

Monday, March 10, 2008

Faccio fotocopie in ufficio


Post un po' variegato, ci sono un paio di cose di cui parlare. Innanzitutto le foto qua sopra son quelle della partita Unni vs Barbari. Così Guido Fan Deluso non potrà più lamentare l'assenza di mie foto con la testa fasciata su questo blog.

Secondo: vorrei fare i miei grandissimi complimenti a una persona che ha raggiunto un obbiettivo insperato. Mi son commosso alla sola notizia, nonostante sia una persona che ho visto due volte e basta. Una delle tante persone nella mia vita che, nonostante gli incontri non siano frequenti, non esito a definire presenze positive. Son sicuro che questa nuova notizia e sfida la affronterà col solito sorriso, e che le rimarrà un ricordo indelebile e impagabile. Sperando sia solo la prima di una lunga serie.

Terzo: un doveroso tributo al mitico Berna, al secolo Ricky, che ho avuto l'onore di capitanare nelle credo uniche due partite che ha giocato con il Tradate Biss, dove ha iniziato a giocare. Emigrato oltremanica, si è unito ai London Italians e in qualità di Exile è stato intervistato con la sua squadra da Marco Paolini. E da ieri, quando l'intervista è stata trasmessa in tv, è diventato un'icona del rugby nazionale, perchè lui FA FOTOCOPIE IN UFFICIO!

A drink with Shane MacGowan

Finalmente l'ho letta. La biografia di Shane MacGowan fatta a interviste dalla sua oramai moglie, Victoria Mary Clark. Se avessi saputo prima l'identità dell'autrice, non penso l'avrei comprato, devo essere sincero, e all'inizio il libro mi aveva fatto storcere un po' il naso. Un po' per l'uso ossessivo di avverbi (mercilessly, mirthlessly, boldly, e avanti ancora) che fa la Clark, un po' perchè mi sembrava una specie di volersi mettere in mostra. In realtà è un libro piacevole, certo non indispensabile, ma piuttosto interessante per capire certe cose su Shane MacGowan. La vita privata degli artisti non è che mi interessi più di tanto, e a volte mi chiedevo: "Ma che cazzo sto leggendo? Che cazzo sta dicendo?". Però la maggior parte del libro ne valeva la pena, soprattutto nei capitoli "storici" circa il punk londinese o il periodo dei Pogues. D'altronde, babbo è pur sempre babbo, no? Tra l'altro, QUESTA copertina era più meglio! E ora via libera a un libro su un altro mito di quel luogo e di quel periodo, il libro sui Clash che mi ha regalato Max a Verona!

Unconditional Apology

I was speaking from the heart
When I spewed this stuff

I was a stranger in my own soul

To those who can accept it

Particularly the Pogues
Family
Including Frank
I offer unconditional love-l-o-v!

To those who can't

I'll see you at the gates of

Hell


Shane MacGowan

Friday, March 07, 2008

A New England

Giornate un po' così, di stanchezza e rassegnazione. Lascio parlare Billy Bragg, perchè non ho voglia di usare le mie parole. A New England.

I was twenty-one years when I wrote this song
I'm twenty-two now but I won't be for long
People ask me when will you grow up to be a man
But all the girls I loved at school are already pushing prams

I loved you then as I love you still
Though I put you on a pedestal they put you on the pill
I don't feel bad about letting you go
I just feel sad about letting you know

I don't want to change the world
I'm not looking for a new England
I'm just looking for another girl

I loved the words you wrote to me
But that was bloody yesterday
I can't survive on what you send
Every time you need a friend

I saw two shooting stars last night
I wished on them, but they were only satellites
Is it wrong to wish on space hardware?
I wish, I wish, I wish you'd care

I don't want to change the world
I'm not looking for a new England
I'm just looking for another girl

Questa canzone, come dicevo anche nel post precedente, ce l'ho avuta per un periodo nel portafogli. Ricordo anche che non vedevo l'ora di avere 22 anni per poterla cantare a ragione, che "I'm twenty-two now, but I won't be for long". Guardacaso, ho 22 anni, e non ancora a lungo. E credo sia un'età che mi mancherà, tra poco più di due mesi, i 22 anni. Penso sia stato un anno molto importante, per me. E ieri ho provato a chiedermi se avrei mai pensato di diventare così, come sono ora. E nonostante l'umore sia un po' quello che è, sono fiero di come sono diventato, mi sento di aver superato le mie migliori aspettative. In realtà sono sempre lo stesso. Cresciuto, ovvio. Con alcuni problemi caratteriali pian piano ridimensionati. Molto più cosciente di me stesso, e di quanto io valga. Rileggendo quel che scrivevo 3-4 anni fa e notando come ancora mi riflettesse parecchio, in alcuni casi, ho capito che io son sempre io. Che son sempre con me. E ne sono fiero. Sono la cosa più importante che possiedo. E credo di essere cosciente del fatto che anche quando tutto va a rotoli, posso sempre contare su quel che ho dentro. Ed è una cosa estremamente importante.

News: Philip Chevron, chitarrista dei Pogues, ha battuto la sua malattia. And we raised a glass to Mr.C. and a dozen more besides.

Aggiornamento cicciometrico: peso 81 kg, e comincio ad avere le mie soddisfazioni, piano piano.

Saturday, March 01, 2008

High Fidelity

Qualcuno propose una top 5 di canzoni. E allora la posto anche qua, il titolo del post ovviamente omaggiante il libro di Nick Hornby (e anche il film di Stephen Frears con John Cusack e Jack Black). La top 5 delle canzoni della mia vita:

#1
The Clash
"London Calling"

Ok. C'è mai stato un disco di cui avete detto "Mi ha cambiato la vita"? London Calling è il mio, senza ombra di dubbio. Scoperto da una cassettina di mio fratello all'età di tredici anni, sottratta e ascoltata quasi in condizione di clandestinità, mi ha subito folgorato. Momento epocale. Non a caso ci ho scritto anche una canzone, su quel momento, Out of a Coma. "I was a thirteen year old with an elder brother / I didn't wanna stop, I wanted to push further / His London Calling cassette on the stereo tape deck / I knew from that day I'd never look back / Yeah hearing that noise was my first ever feeling / Of waking my mind with someone friendly leadin' me".



#2
Billy Bragg
"A New England"


Billy Bragg, come Joe Strummer e "babbo" Shane MacGowan, è parte di una triade di fratelloni musicali che mi ritrovo a fianco da anni e anni. Bragg l'ho scoperto pochi mesi dopo aver scoperto i Clash, in circostanze analoghe. Stavolta al posto della piastra delle cassette c'era il vinile di Back to Basics, in un pomeriggio molto novembrino in cui stetti sdraiato su un letto con il foglio dei testi (quello versione vinile, grosso come una casa) in mano, a leggere le parole che mi entravano pian piano nelle vene e a commuovermi per il suono di quella chitarra solitaria che echeggiava nel vuoto, e per quella voce un po' così. A New England è importante perchè...perchè c'è sempre stata nella mia vita, e per un periodo il suo testo è anche stato stampato, piegato e custodito nel mio portafogli, sempre pronto a spiegarmi qualcosa.



#3
The Jam
"A Town Called Malice"

I Jam meriterebbero di essere presenti con Ghosts, una canzone che già stamattina ha avuto da parlarmi parecchio, e che forse è la mia preferita delle loro. Però è una canzone complementare a quest'altra, una non può fare a meno dell'altra. E contando che A Town Called Malice è nella colonna sonora del mio film preferito (Billy Elliot) e che assolutamente non riesco a stare fermo ascoltandola, beh, ho deciso di mettere lei. PA PA PA PA PA RAPA PA PA PA RA PA OOOOOH!



#4
The Pogues
"Thousands Are Sailing"

I Pogues di "babbo" Shane non potevano mancare, vi pare? La scelta di una canzone che contasse così tanto per me è stata dura. Ho ripensato al concerto di Glasgow, ho ripensato a Dirty Old Town (ma non volevo che fosse una cover), ho ripensato a mille cose. Però, ecco, nel video c'è la versione del Live at the Town & Country Club di San Patrizio del 1988. Concerto del cui DVD io sono possessore. Un concerto magico, con i Pogues in formissima, e con ospiti Kirsty MacColl, gli Specials e Joe Strummer (fanno anche London Calling, guardacaso). E quando in Thousands Are Sailing il buon vecchio Philip Chevron attacca il controcanto "And we raised a glass to JFK and a dozen more besides"...it really sends a shiver up my spine, è il momento musicale più emozionante mai creato, almeno per me.



#5
Percy Sledge "The Dark End of the Street"

La quinta posizione è sempre la più scomoda da decidere, perchè prima ne hai messe quattro, quattro pezzi da novanta, e ora hai bisogno di un pezzo da inserire, che non sfiguri di fronte alle altre, che riesca a riassumere quanto le altre hanno lasciato fuori, e devi scegliere soprattutto un migliaio di canzoni da escludere dalla top 5. La mia quinta posizione era riservata da qualcosa di ska o soul, quello era fuor di dubbio. Perchè altrimenti avrei omesso qualcosa di importante rispetto a quel che ascolto. La vittoria l'ha avuta Percy Sledge, con questa canzone, una delle più malinconiche e commoventi della storia del soul. Mi ricorda un capodanno passato a stratracannare William Lawson's, se proprio devo tirare fuori un posto e un ricordo legato a quella canzone.




Chiedo scusa a Ghosts dei Jam, a Straight to Hell dei Clash, St.Swithin's Day e To Have and to Have Not di Billy Bragg, ai Madness, agli Specials, ai Bad Manners, ai The Men They Couldn't Hang, a Otis Redding e Solomon Burke, agli Smiths, ai Beatsteaks, ai Dead Kennedys. A tutti diamine. E un sincero vaffanculo a chi ha inventato le classifiche, a Nick Hornby, a John Cusack e Stephen Frears. Però con affetto.

Sunday, February 24, 2008

Watch the world spinnin', gently out of time

And you've been so busy lately
that you haven't found the time
To open up your mind
And watch the world spinning, gently out of time

Certe settimane le vorresti eradicare dal calendario, prenderle dal lunedì mattina e bruciarle dal flusso del tempo. Settimane in cui vorresti tirar fuori la chiodatrice per davvero. In cui salveresti ben pochi momenti (un buon allenamento, due belle ore di guida, 80 euri guadagnati...). Tra le cose che salverei c'è la giornata di oggi. Si è svuotata la testa come intenzione programmatica. Verona, circondato da amici, persone positive, facce sorridenti, risate. E qualche straniero (un gallese, due scozzesi, un'inglese e un'irlandese) con cui attaccar bottone sentendosi chiedere se sei scozzese per via del tuo accento marcato. Rivedendo volti e risentendo voci che si vedono poco, ma che sanno sempre strapparti un sorriso. E fanculo a tutto. Una giornata in cui stacchi, trovi il tempo di aprire la mente e guardare il mondo che gira, con grazia, fuori tempo. Per una volta non ti sballotta e prende a schiaffi, e fa venire il vomito e la nausea. Per una volta va storto, ma con grazia. E dalle tante isole, ognuna con i suoi cazzi, con le sue amarezze, con i suoi problemi, vien fuori un arcipelago di serenità. Il manifesto programmatico, però, è stato enunciato: "Se continua quest'andazzo, inizia la lotta armata!". Ka-tunk!

P.S.: Max, la Clash-Aberdeen connection continua, e tra l'altro lo scozzese di oggi era di Aberdeen!

Wednesday, February 20, 2008

Disclaimer

This is a public service announcement, this is only a test

Ho scritto un racconto in inglese. E l'ho pubblicato qua sotto. In inglese. Non vogliatemi male!

This is not a test of the emergency broadcast system

On The Shiteside

So I saw that train and I got on it
With a heartful of hate and a lust for vomit

(The Pogues “Sunnyside Of The Street”)

‘Tis friggin’ late tonight, and I sit half-collapsed at some lousy counter of some lousy pub I can’t remember the name of. I can’t really remember much of tonight. I recall being here – or was it another pub? – with me mates, and havin’ a couple pints with them. A couple gallons, to be honest, a couple friggin’ gallons. I have some kind of flash-light going in and out in the Guinness-black of my memories of this evening. A very inglorious one indeed. I recall the beers, and a couple drams too. I was loaded when the evenin’ started – ‘tis Friday night tonight – and now I’m friggin’ skint, ynnow. So I can’t remember how many I drank. I only feel them, and recall emptying all the half-empty glasses me mates left behind them.
Must’ve had a sterling time, though. I recall being acquainted with this gal from Leicester, or Nottingham, or whatever. Spent half the night talking to her, I think. I recall myself, all sweaty, in my red polo shirt, shouting at the top of me friggin’ lungs some song. Flippin’ sterling music, they played at that pub. T-Rex, the Clash, Madness, the Pogues. “I’m your toy, your twentieth century boy”. But she didn’t let me be her toy. Probably I did expect a little too much, but you know how that is when you get sore drunk as I got. I really made an ass of meself, I think.
And that’s how I started to get nervous. Smokin’ a fag, with another whiskey in me hand, with my friends pissin’ me off ‘cause Jane had gone home. Jane, that was her name, right. Well, pissin’ me off for a laugh, as you always do among friends. Sort of tryin’ to cheer me up. But I’m a perfect asshole, and I was completely sloshed. I tossed down me shot, put me fag back in my mouth, at the right corner of it, and went over to Davy. Shakin’ me bleedin’ fist in front of his face and yellin’ at him. A complete wanker, I am. He didn’t stop laughing. Actually I must’ve been a very exhilaratin’ sight. I glow red when I’m pissed, and me neck’s veins look like they’re about to friggin’ explode. And Davy laughed, right in me face and all. And this wanker I am couldn’t stand anymore and swung his friggin’ fist at his face. “FUCK AWFF, DAVY!”. Must’ve broken his nose, he was damn bleedin’ all over the place. “Will, what the fuck got in your mind, you pisshead?”. That was Normsy, shoutin’ at me. I swung a fist at him, as well, but was too drunk and heavy. I missed, and he hit me with his head, right in me face. Davy wasn’t the only one bleedin’ now. Then Normsy punched me, in the face again, and now I see a blackeye reflected on the golden bar of this pub’s counter. I must’ve been kicked out, after that, so I chose this other pub, yes. Everything is gettin’ neater in my memory. There’s a bunch of blood-soaked hankies in front of me, I must’ve stopped bleedin’ here.
And now I feel my belly gurglin’, I’d love to puke, I feel like someone’s beaten the livin’ shite out of me. And I feel mad as hell at I don’t know who or friggin’ what. Probably I’m mad at me bleedin’ self. Time to get out of here. Staggering and lagging home, wherever I am right now. The friggin’ Canal, here it is. Birmingham, they call it the English Venice. Except Venice must be a beautiful city, and Brum’s a stinking shithole. I walk on the side of the Canal. Must stay steady on my feet, and it’s friggin’ hard. Must not fall in the Canal. Must not fall. I’m walking over about a million tons of duck crap. The whole friggin’ sidewalk is covered with it. Look on to the other side of the canal, and the path is unbelievably clean. Right, I’m on the Shiteside. Ducks seem to be leaving their droppings only here. Must not fall in the Canal. Must. Not. Fall. My head drops back down, starin’ at the tiny white dots of crap, and I think that maybe this friggin’ world must have a clean side and a Shiteside, as well as the Worcester and Birmingham Canal. And shit falls down only on the ones lagging on the Shiteside. Near a bridge, I hug a lamp-post. Must not fall, don’t fucking fall, William! I have to stop for a slash. I stay clinged onto the lamp-post, and take my willy out. I’ve to leave the company of the lamp-post. Will is havin’ problems holdin’ his willy, and doesn’t want to soak his jeans. Hide under the bridge, not so steady on my feet. Must not fuckin’ fall in the canal. Don’t fall, piss in it, for fuck’s sake. Must not fall down, must not. Fell down. Fucking hell!

(Billie MacGowan "On The Shiteside")

Tuesday, February 19, 2008

Trainspotting


Dopo il post musicale, dettato da uno di quei momenti in cui ci si sente un po' dei Genesio, in cui si tiran le somme, si tiran conclusioni, si racconta la propria storia a sè stessi, è tempo di un post librico. Ieri nonostante la stanchezza non prendevo sonno e ho finito due libri. Il primo è stato The Catcher in the Rye di J.D. Salinger. Vi ho già scassato i coglioni abbastanza con questo libro. Però ieri ho fatto una Holdenata in un certo senso, e ci stava. E' incredibile il rapporto che ho con quel libro, come mi accompagni in momenti topici della mia vita, e nei momenti importanti c'è sempre. D'altronde il signorino Caulfield è un vecchio amico, e c'è sempre nel momento del bisogno. L'altro libro che ho finito è stato invece Trainspotting di Irvine Welsh, prestatomi dal Bimbo, che mi aveva già introdotto a Welsh regalandomi Tolleranza Zero a Natale. Trainspotting gliel'ho regalato io, invece. Mi è piaciuto, meno crudo di Tolleranza Zero, forse anche meno bello, ma mi ha intrigato. Con quel suo modo di essere raccolta di racconti e romanzo. Con la grande quantità di temi che tratta, alle volte più approfonditamente, a volte solo in superficie. Però stimola il pensiero, lancia il sasso. Il resto lo lascia fare alla tua testa. Il lato ottimo della provocazione, secondo me. La citazione viene dal capitolo Na Na e altri nazisti.

Siamo vicini a certi gatti che mi puzzano parecchio. Qualcuno ha la testa rasata, qualcuno no. Accenti misti, scozzesi, inglesi o di Belfast. Uno ha la maglietta degli Skrewdriver, un altro c'ha scritto Ulster is British sul maglione, non per dire. Si mettono a cantare una canzone su Bobby Sands e gli altri prigionieri irlandesi e li fanno a pezzi, non per dire. Io di politica non ci capisco un cazzo, non per dire, ma Sands mi sembrava uno a posto, non aveva mai ammazzato nessuno. Non per dire, ma ci vuole un bel coraggio a morire in quel modo, eh?
Poi uno di quelli, il tonto degli Skrewdriver, si mette disperatamente a cercare di guardarmi fisso negli occhi, con la stessa disperazione che ci metto io a cercare di evitare il suo sguardo, non per dire. La cosa inizia a farsi difficile quando attaccano a cantare: "Non c'è il nero nella nostra bandiera". Noi restiamo calmi, ma il gattone non molla. Ha tirato fuori gli artigli. Si mette a strillare, e ce l'ha con Dode.
"Ohi! Che cazzo guardi tu, negro del cazzo?"
"Ma vaffanculo", gli fa Dode con un ghigno. Ci è già passato per questa strada, il gattone. Io no però. La cosa si sta facendo pesante, non per dire.

San Macacu e San Nissoen

E cumè un sacch de la rüdèra, spèci quaivoen che me tö sö

E' stato un weekend un po' particolare, un po' (troppo) alcoolico e l'avvio della settimana è stato piuttosto traumatico, nonostante si sia risolto bene. No, di più non dico. Domenica e ieri son stati i miei personali dè de San Macacu e le mie personali noc de San Nissoen, e allora lascio la parola al Davide. Più in basso traduzione per i terronofoni!

Davide Van De Sfroos Band
"San Macacu e San Nissoen"

L'è una sira storta cumè un cerott in soel genoecc,
in giir a cràpa volta cun scià un desmila in di sacocc
e tira un'aria stramba, uduu de fogna e de limòn,
e l'angelo custode l'è turnaa indree a cambià i culzòn

Ogni menütt el spuung cumè un'urtìga in di culzètt
c'è chi fa testamento in soel müür del gabinètt
el Grignolino el rüzza, gh'è de sbutunà el vestii
il cielo ha l'orticaria e me ho appèna digerii

E cumè un sacch de la rüdèra, spèci quaivoen che me tö sö
gh'è una madòna in canuttiera che de miracuj ne fà piö
e ogni umbria l'è una pantèra, ogni suspiir el paar un pìtt
e questa loena de grovièra la sà piö gnanca lee se ditt

L'è el dè de San Macacu, la nocc de San Nissoen
se tirum via el cuveerc e se impienissum de canzòn.
L'è el dè de San Macacu, la nocc de San Nissoen
vurèvi smurzà tütt ma ho piö truvaa el butòn

Ogni purtiera verta veed mea l'ura de saràss
la sigaretta stracca veed mea l'ura de smurzàss
se borla giò una stèla la fà mea frecass
esprimi un desiderio, ma gh'è mea de fidàss

De fö de la stazion gh'è Belzebù cun scià i valiis
le corna senza punta e uramai g'ha i cavej griis
cerca un treno per l'inferno se lo troverà
ma in una notte come questa ghe paar de vèss a cà

e cumè Batman in galèra ciapi la mira cuntra i sbarr
e spèci l'alba o la curiera o un taxista in mutucarr,
e cumè un gatt sö la tastiera soni la canzòn di matt
questa mannaia primavera la pica giò senza ciamàtt

L'è el dè de San Macacu, la nocc de San Nissoen
se tirum via el cuveerc e se impienissum de canzòn.
L'è el dè de San Macacu, la nocc de San Nissoen
vurèvi smurzà tütt ma ho piö truvaa el butòn

SAN MACACO E SAN NESSUNO
E' una sera storta come un cerotto sul ginocchio / in giro a testa alta, con un diecimila nelle tasche / tira un'aria strana, odore di fogna e di limone / e l'angelo custode è tornato indietro a cambiare i calzoni. / Ogni minuto punge come un ortica nei calzini / c'è chi fa testamento sul muro del gabinetto / il Grignolino spinge, c'è da sbottonarsi il vestito / il cielo ha l'orticaria e io ho appena digerito. / E come un sacco della spazzatura, aspetto qualcuno che mi tiri su / C'è una Madonna in canottiera che di miracoli non ne fa più / e ogni ombra è una pantera, ogni sospiro pare un peto / e questa luna di groviera, non sa più neanche lei cosa dirti. / E' il giorno di San Macaco, la notte di San Nessuno / ci tiriamo via il coperchio e ci riempiamo di canzoni / E' il giorno di San Macaco, la notte di San Nessuno / volevo spegner tutto, ma non ho più trovato il bottone. / Ogni portiera aperta non vede l'ora di chiudersi / la sigaretta stanca non vede l'ora di spegnersi / se cade giù una stella non fa mica fracasso / esprimi un desiderio, ma non c'è da fidarsi. / Fuori dalla stazione c'è Belzebù con le valigie / le corna senza punta, e oramai ha i capelli grigi / cerca un treno per l'inferno, se lo troverà / ma in una notte come questa, gli pare di essere a casa. / E come Batman in galera, prendo la mira contro le sbarre / aspetto l'alba, o la corriera, o un taxista in motocarro / e come un gatto sulla tastiera, suono la canzone dei matti / Questa primavera maledetta picchia giù senza chiamarti. / E' il giorno di San Macaco, la notte di San Nessuno / ci tiriamo via il coperchio e ci riempiamo di canzoni / E' il giorno di San Macaco, la notte di San Nessuno / volevo spegner tutto, ma non ho più trovato il bottone.

Tuesday, February 12, 2008

Looking in the mirror saying WHO ARE YOU?

Oggi 12 febbraio 2008 (magari il post lo finisco il 13) sono 4 anni dall'ultimo concerto dei Korova Milkbar, il gruppo streetpunk in cui suonavo il basso e facevo i cori. Sei mesi di agonia coronati da quel concerto. Grande da alcuni punti di vista, deludente da altri. Dieci giorni dopo, il 22 febbraio, la decisione di scioglierci. Beh, e cos'è successo (forse complice anche il ritorno a The Catcher in the Rye)? E' successo che ho trovato due vecchie foto, le ho legate alle storie della mia vita, a com'ero a quei tempi, anche a come mai mi chiamo Billie. E che ho pensato alle date. Il 2004 è stato un anno fulmineo, che mi ha in un certo senso preso a schiaffi. I primi esami universitari, la patente (5 febbraio 2004, il foglio rosa scadeva il 14 febbraio, giorno in cui mi sono iscritto a rugby.it), lo scioglimento dei Korova, un'estate da pazzi con la Milkbar Gang, la famiglia estesa di allora. Un incidente sulla statale a Grottaglie. E poi la settimana del 27 novembre di quell'anno, in cui si formarono i Pressure Drop A.K.A., in cui cominciai a giocare a rugby e in cui conobbi persone importanti o che importanti lo son state. Ho pensato a quanto in fretta può cambiare una persona, a quanto son diverso da un Billie precedente, a quanto son cambiato. Le letture, i film, la musica. Le cose fisse, poche. Tagliandomi i capelli settimana scorsa ho sentito di fila "Sono un uomo o sono un ragazzo" dei Klasse Kriminale e "I'm a man, I'm a boy" degli Sham 69 (gruppi che, guardacaso, ascoltavo soprattutto ai tempi dei Korova, anche se ancora hanno un posto nel mio cuore e nel mio lettore mp3). E mi è venuto da chiedermi quanto sono uomo già e quanto ragazzo ancora. Riflessioni che di fronte a uno specchio, mentre ci si tosa il pelo (ho già parlato della valenza del taglio di capelli come "rito di passaggio" o "esorcismo personale"), vengono particolarmente bene. Looking in the mirror saying WHO ARE YOU?, come dice la canzone degli Sham. E guardarsi nelle foto, guardarsi allo specchio...è un po' simile, in un certo senso. Non so dove sto andando a parare, però voglio metterci dentro anche il fatto che ieri ho visto "Into The Wild". Bello, grande musica, grandi paesaggi, bella storia - così liquidiamo l'inutile parte recensiva. Mi ha dato da pensare. Non ho ancora chiaro a cosa, quindi chiuderò il post con le due immagini. Sono entrambe state scattate a maggio 2003, c'è un Billie appena 18enne, o forse ancora per poco minorenne, non ricordo. C'è il buon O'Reele, che fu colui che mi introdusse al rugby e mi ribattezzò Billie, fidata chitarra dei miei gruppi. Ci sono i Korova Milkbar nella formazione originale, in concerto a Cantù. E c'è un Billie che ancora non era chiamato Billie, ancora non aveva le basette, era ancora più ingenuo di adesso, ma era comunque me.

Looking in the mirror saying WHO ARE YOU?

Monday, February 11, 2008

Rugby's Strangest Matches

Finito nuovo libro: Rugby's Strangest Matches - Extraordinary but true stories from over a century of rugby, di John Griffiths. Un libro che sembrava fatto per me, avido di sports writing, di rugby e di storie curiose e particolari sul rugby. E il libro di Griffiths mi ha soddisfatto in pieno, riempiendo le sacche della mia memoria di aneddoti e storie curiose, oltre che aiutarmi a fare una conoscenza un po' più approfondita del rugby dei tempi andati. Vorrei cercarmi anche Boxing's Strangest Fights e Football's Strangest Matches, della stessa collana, e Cane andrebbe a nozze con Golf's Strangest Rounds. Meritava una bella letta. Il racconto che mi è piaciuto di più è uno degli ultimi, "Fifteen Minutes of Fame (Bucharest, April 2000)", che racconta la storia dei Dorchester Gladiators, una squadra amatoriale inglese che stava facendo un viaggio di beneficenza in Romania, portando giocattoli negli orfanotrofi. Beh, cosa gli succede? Che un tizio dell'ambasciata rumena invita questi quarantenni sfiatati a giocare un match con una squadra locale. Peccato per un piccolo malinteso linguistico: lost in translation.

Unfortunately, an error in translation led to the Romanians greatly overstimating the quality of their English opponents. As a result, the Dorchester boys arrived for their 11 a.m. kick-off only to find that the venue was the National Stadium, that an expectant crowd of thousands had turned up and that the match was to be broadcast live on Romanian television. Their opponents, moreover, were Romania's crack club side, Steaua Bucharest. The hosts fielded half-a-dozen full international players as well as the captain of the Romanian national side.

Sunday, February 10, 2008

Barbari RFC

Unni Valcuvia - Barbari 5-27
Campo da Rugby, Cassano Valcuvia

Sono rientrato in campo, finalmente. A Cassano Valcuvia gli Unni inauguravano il loro campo, e hanno invitato una formazione "all star" (e allora io che ci facevo?) delle squadre della provincia di Varese per festeggiare l'evento con un'amichevole. E così 5 bissini del Tradate, tra cui me, si sono uniti a 4 del Varese, 2 dei Sesto Calende Sabres e un manipolo di giocatori della LiUC per formare i Barbari, neanche troppo velato rimando ai Barbarians. Nelle maglie rossonere (mia la numero 19: trovando già occupate 8 e 18, ho chiesto la 19 in omaggio a Paolini) dei Sabres siamo scesi in campo. Son partito terza centro, andando un po' ad interruttore acceso e spento. L'unica occasione per un ciapasù è stata vanificata dall'aver perso la mischia. L'arbitro mi richiama quando ravano in un raggruppamento. Le mani sulla palla ce le avevo da subito dopo il placcaggio, quando non era ancora una ruck, però lui non le vede. Mi dice "Niente mani in ruck, se lo rifai è giallo!".
Il primo tempo finisce 5-5, e Giorgio ci dice all'intervallo "C'è bisogno di qualcuno in prima linea". Time to stand up and be counted. Di fare quel passo avanti, perchè non mi piace ciamarme fora. "Io se c'è bisogno posso provare a tallonatore". E il secondo tempo lo gioco tutto là davanti, soffrendo e lottando, buttando spalle e collo oltre l'ostacolo, e soprattutto rubando due tallonaggi. La prima linea è affiatata rispetto a quella del primo tempo, e reggiamo, qualche volta li spingiamo anche indietro. Fuori ci sono, impedisco l'uscita del pallone in una maul avversaria, guadagno una mischia per noi. Spingo via l'avversario in una ruck sporcando il pallone che volevano usare per un pick'n'go. Noi segniamo 4 mete, e chiudiamo la partita, vincendo 27-5. Cerco di fare il mio, anche se ogni tanto la testa va a corto di ossigeno e mi trovo a fare la capra più di quanto dovrei, e mi faccio richiamare all'ordine dal mediano di mischia. Qualche errore ci sta, soprattutto visto lo stato di stanchezza fisica (martedì e mercoledì allenamento, giovedì palestra, venerdì preparazione atletica ad allenamento) con cui ero entrato in campo. Però io sono anche uno che non si accontenta facilmente di se stesso. Sul mio braccio avevo scritto "Voglio di più", citazione degli Angeli. E io voglio sempre fare e ottenere di più. A fine partita crollo a terra, però. So che tutto quel che avevo l'ho dato, le mie spalle e il mio collo portano la sofferenza della prima linea, le mie gambe la fatica del sostegno continuo. E giocare in prima linea, quando possibile, è sempre una bella soddisfazione, il guadagno di una fetta di paradiso. E sono soddisfatto di me, e mi sono divertito. E i dolori fisici passano in secondo piano e lasciano posto a...alla birra, ovvio.

Sunday, February 03, 2008

Cymraeg

Ei gwrol ryfelwyr, gwladgarwyr tra mâd

Questo c'era scritto sul mio braccio oggi, un tributo alla passione del Galles. Sulla mano, il solito "I'm fuckin' brilliant".

ATRC - Monza 25-0
Uslenghi (Cowlions Arena), Tradate

Vittoria. Fango e vittoria. E fango. Convocato, di nuovo, e di nuovo carico come una molla. In riscaldamento a mille, pronto a tuffarmi su ogni pallone, pronto a fare di tutto per far capire che ci sono e che voglio giocare e che ho tanto da dare. Come ha detto il nostro capitano: "Facciamolo per il culo che ci facciamo tre volte a settimana, su questo campo di merda, nel fango, sotto la pioggia, al gelo". Il fango però l'ho assaggiato solo in riscaldamento. Son rimasto in panchina. Stavolta però non ho rabbia. Solo un po' di malinconia per la voglia di dare sfogo a quel che so fare in campo. Il culo continuo a farmelo. Per me stesso, per i miei compagni. Per quel "Grazie", per quella pacca sulla spalla che arriva sempre, e che ti da la forza di darci dentro un'altra settimana, la voglia di sperarci per un'altra settimana, la resistenza per accumulare tutta la carica che non sfoghi durante le partite e tenerla per quando arriverà il tuo momento. Perchè arriverà, ci sto dando dentro, ad allenamento do tutto me stesso, e arriverà, cazzo, se arriverà.

Eppoi, cazzo, oggi mi hanno intervistato per Rete 55. "Di quel che vuoi, ti chiedo solo di non bestemmiare".

Saturday, February 02, 2008

Standin' in the pissin' rain

Serata strana ieri. Piena di cose "a metà": qualcosa di positivo che implica una sensazione negativa, o il contrario. A metà allenamento me ne sono andato a far la doccia per un dolore alla scapola. Ogni tanto mi capita, la stessa sensazione di un trapano puntato nella scapola. E non riesco più a spingere o sollevare. Doccia. Da solo, tranquillo, con tutti gli spogliatoi per me e il lusso di prendersi quei 5 minuti in più per stare fermi, ad occhi chiusi, fissi sotto il getto a sentire la bocca riempirsi d'acqua. Una cosa che almeno in parte mi ha fatto sentire in pace con il mondo. Per domenica semiconvocato. Se Luigi riesce a far la visita, va lui al posto mio. Glielo auguro, visto che la scapola continua a scassare anche oggi. Serata in sede, come al solito condita a birre e risate. Con un fondo di tristezza però, perchè non si vede più così tanta gente, perchè la sede è diventata un po' più vuota. Oggi inizia il Sei Nazioni. Come al solito, sgabello vicino al pilastro al Galway Bay di Saronno, assieme a tutta la squadra. E stasera potrei darmi alla visione di Paolini, registrato ieri. O anche a una sana dormita.

Thursday, January 31, 2008

For J.D. - with Love and Squalor

I know, it's damn long. Just felt like writing it all down, it just came out of my mind and straight to my hands. I'm sorry if it bores you, don't feel compelled to read this crap.

***

Si, torniamo a bomba sull'argomento Salinger. Il mio rapporto di feticismo con Nine Stories, una discussione su MSN e questo sito sull'opera di J.D. mi hanno portato a riflettere su quanto ho amato The Catcher in the Rye (la traduzione italiana Il Giovane Holden l'ho sempre trovata indecente, più adatta a un mattone romantico tedesco che al libro di cui stiamo parlando. Certo, è sempre meglio che il titolo francese, che non cito per sommo sdegno). Ho trovato un'email, datata marzo 2001, in cui dicevo "Sto leggendo per la 76ma volta Il Giovane Holden". E pensavo all'attaccamento feticistico (si, in questi giorni questa parola mi piace alquanto) che ho coi suoi libri. E' raro che rilegga un libro. Se lo faccio, in genere è per leggerlo in lingua originale se l'ho letto in italiano. Una volta mi è capitato il contrario. Si contano sulle dita di una mano i libri che ho ripreso e riletto (tra cui un insospettabile Andromeda di Michael Crichton. E' l'unico libro di quel genere che possiedo, e ogni tanto lo rileggo). E di sicuro quello che ho letto più volte è proprio lui. Ricordo di averlo letto un'estate, come compito delle vacanze del liceo. Professori lungimiranti, evidentemente, gente che ha capito che leggere quel libro a una certa età è un passo doveroso da far compiere a un adolescente per una sua decente crescita morale. E ieri pensando a questo mio rapporto d'amore con il supporto fisico, son riuscito a decifrarne il perchè, credo. Quando si legge un libro di Salinger (parlo per me, ovvio) ci si ritira momentaneamente dalle faccende del mondo. Non so contare le volte che l'ho letto. Ricordo dei momenti. Come decidere di rimettermi a leggerlo dopo una nevicata mattutina. O rileggerlo di notte senza riuscire a chiudere occhio. Fattostà che leggere un libro di Salinger è una faccenda molto intima. Ci sei tu, c'è Salinger, c'è il libro come supporto fisico (belle le copertine sobrie che son state fatte da Einaudi, ne conservano quest'alone di sacralità), e poi ci sono i personaggi del libro. Personaggi che senti come tuoi amici intimi, o comunque gente con cui stai interagendo in quel momento. Che vorresti proteggere, perchè in fondo mettono a nudo le tue debolezze. Ecco perchè i libri di Salinger non sono da scaffale, ma da tasca. Non vanno MOSTRATI, vanno tenuti con sè, sono un'esperienza, un rito, un momento di passaggio. E infatti la dedica di Salinger all'inizio di Alzate l'architrave, carpentieri e Seymour: introduzione è la seguente:

Se in tutto il mondo è rimasto ancora un lettore che legga per il gusto di leggere - o che comunque dopo aver letto se ne vada per i fatti suoi - gli chiedo o le chiedo, con indicibile affetto e gratitudine, di dividere la dedica di questo mio libro in quattro parti con mia moglie e i miei bambini.


Si, scrivendo tutto 'sto spatafione su un blog non mi sto guadagnando la dedica, lo ammetto. Però volevo esplorare un po' il mio rapporto con i libri di Salinger, ecco tutto. E per altro il fatto che questa mia discussione stia prendendo la via delle lunghe e sia destinata a risultare inconcludente e noiosa penso sia un segnale di quanto lo stia facendo più per me che per l'altrui "amusement". Un po' come quando Buddy Glass decide di presentarci il fratello Seymour e finisce per presentarlo a se stesso. Penso a Nine Stories, acquistato in inglese su Amazon, credo perfino usato, stampato nel 1991 da Little, Brown Books (la casa editrice del buon J.D.). Della sua aura di accoglienza, semplicità e intimità vi ho già parlato estesamente ieri. Tutta la pagina occupata da parole che vorrebbero rompere gli argini dei margini...bah, è inutile che ricomincio con questo sentimentalfeticismo. Franny e Zooey l'ho letto largamente in tram, o in giro per strada a Milano. Preso in Feltrinelli con un buono regalo. Non so perchè, ma non ho sviluppato lo stesso rapporto che con gli altri volumi. Con lo stesso buono di Franny e Zooey ho preso anche Alzate l'architrave, carpentieri e Seymour: introduzione, che invece è stato parecchio feticistico. Per vari motivi. Primo: mi ha fatto ri-innamorare di Salinger. Il primo dei due racconti mi ha davvero lasciato secco, l'ho finito tenendo la bocca aperta dalla meraviglia di quanto fosse perfetto. Secondo: l'ho prestato, ma prima ha stazionato nel bagagliaio della mia macchina, dove è stato investito da qualche borsa da rugby, rovinandosi. Mezzo strappato e piegacciato, rappresenta in pieno l'ideale di libro vissuto che sto cercando di esprimere. Insomma, un volume con cui si ha un rapporto forte anche dal punto di vista fisico. Il Buddy Glass di Alzate l'architrave, carpentieri e il suo vecchietto sono due amici che riconoscerei in una piazza, e così il libro è riconoscibilissimo a distanza di metri. E arriviamo finalmente a Il Giovane Holden. Posseduto (oramai possiamo anche dirlo, ovviamente in metafora) carnalmente sia in italiano sia in lingua originale. Quello in italiano è il famoso che ho acquistato. Citando il sito di cui sopra:

Queste inusuali tattiche letterarie donano al lettore la posizione di essere di fatto uno dei principali personaggi del libro, rendendo così la sua lettura un'esperienza intensamente personale. Molti leggono per la prima volta Il Giovane Holden quando son giovani. Il suo impatto è di solito molto profondo durante l'adolescenza. La lettura di questo libro molto spesso rimane uno dei ricordi più piacevoli della propria giovinezza, e il legame che si forma tra il personaggio di Holden e il lettore spesso sopravvive agli anni. Rileggendo a distanza di anni il libro, non solo si reistabilisce quel legame con un vecchio amico, ma anche con se stessi da giovani.


"E' tutto vero", ho pensato leggendo questa frase, e ho deciso (ricordando anche una frase del vecchio Fergus che consigliava a una ragazzina di leggerlo e rileggerlo poi a distanza di anni) quindi di rileggermi The Catcher in the Rye. Ci son vari motivi per questa decisione, è una storia lunga, ma oramai ho svaccato in questo post, e vado avanti a raccontarla. Beh, le varie letture di The Catcher in the Rye, come già detto, sono state grandi esperienze, anche se non sarei in grado di discernerle l'una dall'altra. Anche perchè, va detto, lo leggevo con cadenza bi o trimensile praticamente (al liceo ero un divoratore di libri non indifferente, con dei ritmi da fare impallidire il me stesso di adesso). L'ho letto due volte in inglese (appena comprato e la volta della neve) e almeno una decina di volte in italiano. E' uno di quei libri che vanno letti la prima volta come si legge da adolescenti, di quelli che per finirli stai su tutta una notte, una di quelle notti che non dormiresti perchè hai la tua adolescenzialità (meriterei la fucilazione per aver usato questo termine) a tenerti sveglio. E lo finisci alle 4 di notte, rimanendo a bocca aperta, come colto da un'illuminazione o da una rivelazione. Un'epifania. L'ultima volta che l'ho letto credo coincida con il mio stage in Universal. Un periodo di "rottura" nella mia vita, in un certo senso. E in realtà lo cominciai a leggere in inglese e non lo finii. La mia copia inglese era stata acquistata all'areoporto di Heathrow, credo di ritorno da Edinburgo. WH Smith, credo, ma potrebbe essere benissimo anche un Waterstones o qualcos'altro. Quel maledetto febbraio fu una persona a farmi venire voglia di rileggermelo, e fu la stessa persona a cui lo prestai. Non sto a parlare del mio rapporto con questa ragazza o di come si sia perso. Fattostà che da quella volta che le prestai il libro non la vidi più, e il libro con lei rimase, attaccato a fantasmi, rimorsi e rancori. Devo ringraziare due persone in particolare. Peppe e Phoebe, che mi convinsero, mentre si progettava la vacanza in Irlanda del Nord, ad acquistarlo in quel di Belfast. Per voltare una pagina, per chiudere una porta. The Catcher in the Rye l'ho acquistato quindi in quel di Derry, in una giornata passata in compagnia di soli sconosciuti o di me stesso. Una giornata molto emotiva per me, spesa in una città che ha una sua magia e una sua vitalità, incastonata in una terra piena di fascino come l'Irlanda del Nord. E così nuovamente l'acquisto di un libro di Salinger si è rivelato una pietra miliare che ha segnato un momento importante della mia vita, un passaggio di pagina. Dopo Belfast ho imparato molte cose su me stesso, e ancora tante ne sto imparando. Credo siano stati mesi che mi han fatto crescere. Ed è per questo che credo sia venuto il momento di parlare con due vecchi amici. Holden Caulfield e, soprattutto, un me stesso di qualche anno più giovane.

Wednesday, January 30, 2008

Nine Stories

In treno, oggi, ho finito Nine Stories di J.D. Salinger. Mi mancava solo l'ultimo dei Nove Racconti, Teddy. E anche quel racconto, come tanti altri del buon Jerome David, mi ha lasciato di sasso. Perchè i racconti di Salinger mi lasciano di sasso. Per definire cosa vuol dire leggere un racconto di Salinger citerei lo stesso Salinger, da Il giovane Holden: "Il più bello di quei racconti era Il pesciolino nascosto. Parlava di quel ragazzino che non voleva far vedere a nessuno il suo pesciolino rosso perchè l'aveva comprato coi soldi suoi. Una cosa da lasciarti secco". Ecco, a me i racconti di Salinger lasciano secco. Già era cominciata in modo duro, con A perfect day for bananafish, con l'entrata (e uscita) in scena di Seymour Glass, un fantasma pesantissimo che si porta dietro tutta l'opera di Salinger, anche quella non incentrata sulla famiglia Glass. E poi i personaggi così...storti, forse, come Franklin in Just before the war with the Eskimos, e il racconto nel racconto di The Laughing Man, così ben narrato da farmi sentire seduto sul pulmino ad ascoltare le vicende dell'uomo che ride. E For Esmè - with love and squalor. Fino a Teddy, l'ultimo. Un altro di quelli che lasciano secchi, di sasso. Credo sia un libro con cui ho instaurato un rapporto piuttosto profondo. Mi piace la sua copertina sobria, quasi completamente bianca. Il nome della casa editrice, Little, Brown Books. Sono intimo con questo libro anche per come è fatto, rilegato. Il fatto che dopo l'ultima pagina ci sia subito il retro copertina, le pieghette che ha preso. E' un libro da tenersi in tasca, se si hanno tasche abbastanza capienti per tenercelo. E non per estrarlo e leggere un racconto, una frase ogni tanto (anche se i racconti sembrano esser studiati per essere letti durante un viaggio in treno), ma più semplicemente per averlo lì, perchè è il suo posto, più di quanto lo potrebbe essere uno scaffale. In un libro così storto non riesco a trovare una citazione che possa andare (anche se questa frase mi fa morire: "Loretta was Clay's girl. They intended to get married at their earliest convenience. She wrote to him fairly regularly, from a paradise of triple exclamation points and inaccurate observations") e allora citerò l'interno copertina. Che non l'ha scritto Salinger, ma che è una delle cose che mi fa sentire così intimo con la mia copia di Nine Stories:

If you purchase this book without a cover you should be aware that this book may have been stolen property and reported as "unsold and destroyed" to the publisher. In such case neither the author nor the publisher has received any payment for this "stripped book."

Sunday, January 27, 2008

Verb "to Coventrate"

Rho - ATRC 56-7
Molinello, Rho

Coventrate, in italiano coventrizzare. Radere al suolo come a suo tempo successe a Coventry. E la carichissima Going Back to Coventry dei The Men They Couldn't Hang era la canzone che avevo in mente e nelle orecchie oggi, mentre cercavo di caricarmi per una partita che già sapevo sarebbe stato difficile giocare. Si prospettava una partita alla morte, tirata fino all'ultimo. E invece è stato il match peggiore della storia. E le abbiamo anche prese. E io mi son ritrovato, con il mio numero 17, a rimanere seduto in panchina anche quando oramai perdevamo di 40, mancavano dieci minuti, avevamo un ammonito e un infortunato non sostituito. Una delusione tremenda, e domande che saltano in mente immediatamente: "Perchè convocarmi se neanche in una situazione del genere mi fai entrare in campo?". Aspettative deluse, che come al solito placcano l'umore e fiaccano l'animo. Quando poi uno si sente di starci da una vita in panchina, e non solo nel rugby, ma anche in altri aspetti. E non sa che fare se non guardare l'allenatore con uno sguardo che dice: "There is nothing left to lose. Lasciami entrare in campo, dammi una chance, e dimostrerò che anch'io so giocare, che tutto il culo che mi faccio ad allenamento, e non solo, vale qualcosa". Invece si rimane in panca, a soffrire, fino al fischio finale. Rimangono domande, interrogativi, perchè sospesi. Niente ferite da leccare, ma lo stesso umore, coventrizzato, di quegli attimi.

Saturday, January 26, 2008

John Belushi as Billie MacGowan


Una cosa che mi son chiesto tempo fa è stata: da che attore farei interpretare la mia persona in un ipotetico film sulla mia vita? Chi potrebbe rappresentarmi al meglio? I due nomi che ho partorito sono John Belushi (ma anche il collega Dan Ackroyd) e Ewan McGregor (ma anche il Joseph Gilgun di This is England, forse un po' troppo longilineo. O il Jason Flemyng di Lock, Stock & Two Smoking Barrels). O un Robert Carlysle, però non ce lo vedo troppo nella parte. Tutti attori inglesi o scozzesi, con fantastici accenti che mi si addicono, a parte il grande John Belushi, a cui questo post vorrebbe essere un tributo. Di John Belushi mi piacciono parecchi aspetti:
  • Il suo espressivissimo sopracciglio, che con il mio andrebbe a nozze.
  • L'onore immenso che sarebbe essere interpretato da un mito come John Belushi.
  • Il fatto che abbia fatto parti "inerenti": un giornalista (Ernie Souchak in Continental Divide), un musicista ("Joliet" Jake Blues in Blues Brothers), un alcoolizzato (John "Bluto" Blutarski in Animal House) e un combattente pazzo (Capt. Wild Bill Kelso in 1941) e alcoolizzato, ruolo che ben si accosta a quello che un rugbista è.
  • Le sue basette (vedi Blues Brothers) e il fatto che a volte qualcuno mi ci abbia paragonato (paragone di parecchio azzardato, ovvio).
Comunque io dalla pinguina non ci vado, neanche morto. Ciao John. Che l'ape da una tonnellata sia sempre con te (anche se mi sa che alla fine mi faccio interpretare da Jason Flemyng).

Stand up and be counted

La dieta da i suoi frutti: in allenamento a mille. Tanta voglia, tanto divertimento, e alla fine uno arriva il venerdì in sede e trova il suo nome nella lista dei convocati affissa. E pensa che dopotutto ne vale la pena.

Wednesday, January 23, 2008

Now I'm lagging in deepest Tottenham

La battaglia campale è iniziata, e sta contribuendo ampiamente a fiaccarmi lo spirito e l'istomico. Non da sola, certo. Immagino però che sia normale per una dieta essere così, e voglio mantenere la convinzione, diventerà più facile con il passare del tempo, di sicuro. Periodo in cui, sotto vari aspetti, citando Giorgio Canali, sto cercando "risposte che soffiano in un vento che non c'è" (bleah, ascoltate la canzone senza guardare il video!). E i professori universitari, tra le altre cose, non sono certo d'aiuto, maledetta razza dannata. Restano le piccole grandi cose a tener su il morale. Gli amici che ti stanno vicini, un bell'allenamento spompante a rugby, una serata con gli amici, Futurama (anche se mi fa commuovere troppo spesso). E la quantità infame di scorregge che questa dieta mi spinge a fare (come se già non fossi abbastanza attivo).

Monday, January 21, 2008

Billie on a diet, I know, I know...it's serious

Comincia la battaglia di quota 90. Sono ufficialmente a dieta. Dio mio.

In compenso ho scoperto cosa mi son fatto con il Nitrato: non è corrosione, è ustione da freddo.

A domani, da un mondo di carni bianche, germogli di soia, bianche d'uovo, zero sale e condimenti, riso in bianco e roba magra.

Sunday, January 20, 2008

Acid in Noverasco

Stella Rossa Milano - TraGevano 15-0
Mastini Melegnano - TraGevano 15-5
Campo da rugby, Noverasco


Noverasco. Biss che torna in campo, e soprattutto io che torno in campo. Aspetti positivi e aspetti negativi, senza dubbio. Però son contento. Di negativo ci sono i risultati: due partite e due sconfitte. In particolare c'è stata la sconfitta contro lo Stella Rossa di Milano che non è andata giù. Perchè è stata colpa nostra, siamo scesi in campo senza convinzione, e loro invece ci han messo i piedi in testa. Quando finalmente abbiamo deciso di reagire, era troppo tardi. E' una sconfitta che brucia, e credo che quella squadra ci rimarrà sempre un po' sul gozzo. Io ho cercato di essere un po' "trascinatore". D'altronde eravamo la fusione di due squadre, di cui una alla prima esperienza, e ho cercato di farmi sentire. Mi rimarrà impresso come buon ricordo una percussione dai nostri 22, con tanto di frontinazzo, qualche placcaggio, qualche pigna mollata (ne avrebbero dovute ricevere molte di più) e la mischia in cui ho detto al nostro mediano di introdurla subito visto che cedevano all'ingaggio (e in cui gli abbiamo tirato un bello stirone).
La seconda partita è stata diversissima. L'avversario era il Melegnano, squadra che ha poi vinto il triangolare, e io ho capitanato la squadra. Una partita bellissima da giocare: noi finalmente abbiam tirato fuori palle e convinzione, e entrambe le squadre hanno giocato con aggressività e grinta, all'ultimo respiro. Io mi son proprio divertito, e la squadra ha giocato davvero bene. L'episodio della partita credo possa entrare benissimo nella storia mondiale degli infortuni rugbistici. Entrando in una ruck prendo una testata dritta in testa e finisco a terra, rimanendo fuori gioco qualche secondo. Quando mi rialzo mi spediscono fuori, dandomi il ghiaccio in zachétt. Sacchetto che però perdeva liquido sulla mia fronte. Sento bruciare e penso "Devo aver preso una bella botta, mi brucia la fronte". Poi penso di star perdendo sangue dalla fronte. Solo quando mi brucio il pollice capisco che il Nitrato di Ammonio (NH4NO3) del ghiaccio istantaneo mi stava corrodendo!
Nonostante botta e ustione, son riuscito a tornare in campo per il gran finale. Mercoledì non mi sentivo pronto a tornare in campo, ieri ho giocato più di 100 minuti di rugby, e sono piuttosto contento della mia prestazione. Non male, dai.

Saturday, January 19, 2008

Inner Noverasco Violence

Oggi Billie torna in campo dopo una lunga assenza dovuta al cavigliame. Torneo di Noverasco, triangolare, e Biss che deve accorparsi a un'altra squadra. Però Billie vuole dimostrarsi di non essersi dimenticato come si gioca (bene) a rugby. Ora vado, wish me luck.

Monday, January 14, 2008

Mickybo & Me


Run like shite!

Ho trovato un film che potrebbe mettere seriamente a repentaglio la nomea di Billy Elliot come mio film preferito. Sarà quell'irresistibile versione di Summertime fatta da Billy Stewart a inizio film. Sarà che Durham non l'ho mai vista, mentre Belfast, città dove è ambientato Mickybo & Me, ha avuto un impatto tale su di me da entrarmi sottopelle. Non penso che le lotte dei minatori inglesi avrebbero comunque lo stesso potere di aprirti una ferita nel cervello che i troubles di Belfast possiedono. Sarà che per l'Irlanda del Nord ho sempre avuto una certa fascinazione. O forse è che c'è una Chopper Bike, e io ho visto una Chopper Bike per la prima volta a Derry, mentre andavo al Free Derry Point. Soprattutto è che il film mette in pellicola le stesse riflessioni che ho avuto spesso nella mia discesa all'inferno belfastiana e che, maledizione, il film riesce a dipingere con due colpi ben assestati le sensazioni che Belfast evoca per la sua natura. Poi sono un fan di un certo genere western anomalo (altro film, che parla sempre di una nazione divisa, e che ha un tocco western: No Man's Land, ambientato tra due trincee in ex-Jugoslavia) e Mickybo "Butch Cassidy" Boyle, 8 anni, dalla cattolica Palestine Street, e Jon Jo "The Sundance Kid" Wright, che invece ha 9 anni e viene dall'altra parte del Tate's Avenue Bridge, confine invisibile ma presente tra le due fazioni, sono dei banditi perfetti, che rendono Belfast e l'Irlanda del Nord il set di rapine e fughe epiche quanto quelle dei loro eroi Paul Newman e Robert Redford. Le loro avventure, l'incredibile gioia che sprizzano sembrano illuminare Belfast (giuro che il film riesce a non cadere nella retorica in cui sto cadendo io). Vi lascio con la seguente riflessione, di Noel Megahey del DVD Times, con una citazione e con l'inizio del film.

Each atrocity only marks that division further. [...] The film’s tough ending underlines the fact the Mickybo and Me is not just about the loss of innocence of two young boys – it’s about the loss of innocence of a whole generation that grew up in Northern Ireland during this period.
***
I'm Butch fuckin' Cassidy!



Scots'n'roll

Viadanese weekend, in occasione dell'ultima partita di Heineken della squadra lombarda. Disceso assieme a quattro altri malati (grazie per "Mickybo & Me", Al, lo guarderò al più presto!) allo Zaffanella, mi son goduto una bella partita con i Glasgow Warriors (finita, per onor di cronaca, 18-15 per i Glaswegians). Probabilmente tutto quel Prosecco di Valdobbiadene che è scorso a litri nella nostra sede il venerdì sera era ancora in circolo, tra l'altro. La serata è stata molto carina, in quel di Parma, grazie all'ospitalità di Kao e ai suoi contatti con lo staff degli Warriors. Più che una serata è stato un corso di aggiornamento sulle abitudini degli scozzesi ubriachi. Tipo attaccarsi banconote sulla fronte usando birra o saliva. E poi scambiarsele fronte a fronte. O baciare simboli della Scozia su maglie altrui. O declamare "Mag-nificò albéro dinattale" di fronte all'abete rosso che sta in una piazza parmigiana. O inneggiare al Gloucester ("Glooos-taah! Glooos-taah!") al passaggio degli inglesi del Bath, ultrarivali appunto del Glos. Fortunatamente tra le tante varianti e new entry, una cosa rimane di moda: offrire da bere! Una domanda mi è sorta. Perchè ogni volta che ho a che fare con dei Glaswegians ne trovo sempre uno che si è visto i Clash ad Aberdeen? Lucky bastard.

Friday, January 11, 2008

Pugni

Si legge a piè spronato quassù, che vi credete? Eh, si, i regali di natale son stati ciucciati con gusto in breve tempo. Pugni di Pietro Grossi è stato il regalo della ragazza di mio fratello, e in due serate è stato smembrato. Bello e scritto bene, parla di rapporti tra due persone e di "crescita". Tre racconti. Boxe, Cavalli e La Scimmia. Parto dal fondo: che pensereste se un vostro amico si mettesse a fare "la scimmia", e per mesi si comportasse come uno scimpanzè? L'ultimo racconto, assieme a Cavalli (che però mi ha preso tantissimo), ha per me il difetto di lasciare troppe cose sotto silenzio. E' lo stile di Grossi, a occhio e croce, però son così tante che a me venivano i nervi. Più che altro non mi piace quando l'ambientazione è troppo anonima, sospesa per aria. Bello anche Cavalli, che esplora il rapporto tra due fratelli, ma quello che mi ha incantato veramente è stato Boxe. Boxe che non ha il "difetto" degli altri due racconti, benchè per esempio non mi pare venga mai citato il nome del protagonista. Forse il tutto era dovuto alla narrazione in prima persona. Beh, il protagonista si ribella ai genitori e va a fare boxe, senza mai superare però il divieto della madre di combattere. Però è bravo, è dannatamente bravo, e ben presto si spargono leggende sul suo conto. Il Ballerino, lo chiamano, e lui ci si crogiola: è una leggenda, un supereroe, è il migliore di tutti. Senza mai aver combattuto. Non siamo forse così prima di crescere? Un giorno però ti compare sul ring uno che è il più forte, tra quelli che combattono, La Capra. D'improvviso hai il dubbio di non essere il più forte, e sei costretto a metterti in gioco per dimostrarlo a te stesso. Non male come metafora sulla crescita, e il racconto è veramente bello, oltre a convogliare la puzza di sudore di una palestra di boxe. Bravo Pietro Grossi.

Là dentro c'era una logica. Là dentro nessuno poteva scappare, né te né gli altri, e sapevi contro chi combattevi, ed era sempre uno solo, e pesava quanto te, e se ti batteva voleva dire che era più bravo, o aveva più esperienza, e in entrambi i casi dalla sconfitta non avevi che da imparare. Sembra assurdo, ma finisce che vai in quel posto dove tutti menano le mani perchè ti senti più sicuro.

Thursday, January 10, 2008

The Groundwater Diaries

Sottotitolo: Trials, Tributaries and Tall Stories from Beneath the Streets of London, di Tim Bradford. Il buon Tim Bradford che avevo conosciuto leggendo l'esilarante Is Shane MacGowan Still Alive?, un libro di viaggi che scaturisce dal tentativo di vendere una Vauxhall Corsa sul suolo irlandese. Me lo portai dietro in Irlanda, come unica guida turistica che avevo, anche se alla fine finì che ne rilessi un pezzo solamente in bus per andare da Galway all'areoporto di Shannon. Spinto dall'entusiasmo che mi aveva suscitato alla lettura (devo ringraziare, credo, il buon vecchio Moris di AI per averlo citato e consigliato e per avermi convinto a cercarlo e acquistarlo), ho comprato anche l'altro libro scritto da Tim Bradford, ovvero The Groundwater Diaries. Altro libro di viaggi, circa. Più di camminate per Londra. Attenzione però, bisogna introdurre la figura di Tim Bradford. Non è un "viaggiatore professionista", è un vignettista per una rivista sportiva indipendente. E questo ci fa capire la trasversalità di come prende la sua missione. Spinto da sogni basati sui fiumi, si lancia in un'avventura di rabdomanzia armato di grucce di appendino, lattine di Tennent's Super e una guida A to Z alla ricerca dei fiumi sotterranei o comunque dimenticati di Londra, e forse di un "Underground Tim". Alla ricerca dell'origine del punk danese (nato da una compilation anarco-punk pubblicata dai Crass, "Bullshit Detector vol.1" gettata in un fiume e arrivata attraverso il mare a un contadino danese, il fondatore della PRIMA punk-band danese), all'inseguimento di teorie cospiratorie sui massoni, i fiumi e lo stadio dell'Arsenal, al ritorno alla toccante vicenda degli animali domestici morti di casa Bradford e di come questi si colleghino alla morte di Ian Curtis dei Joy Division, alla scoperta dell'esplosione del punk londinese sulle sponde del fiume Westbourne. Respiro. E di come Whitesnake e Deep Purple si siano persi nelle fogne di Londra litigando per chi dovesse suonarci, dell'esistenza del Tao dell'Essex, della carambola free-jazz (ottenibile solo dopo un certo numero di pinte) e del funerale tributo a Felipe Romero, un busker della metropolitana londinese. Bel libro, divertente e esilarante. Un po' troppo lungo però, cazzo, Tim!

Some good news. My sister-in-law has been asked to join a pub ska band in Derby. Course, she's gone and nicked my old trombone. Slide's knackered, love, I said to her, but she wouldn't listen. To help her out I worked on a ska arrangement of the Panorama theme tune for about five minutes in the pub, but she wasn't interested. Then it occured to me that we could finally end all wars if only all national anthems were played in a ska style.


Babbo visto da Tim Bradford

Ankle Wars

Si, cazzo, si. La caviglia continua a rompere le palle. E non è mica bello. "Ruggine", dice Mengele, il nostro preparatore atletico "Non gli dare troppa importanza, non ti far fretta". E allora calma, pazienza e tanta anche. Perchè io ho voglia di dare, ma problemi fisici. "Adesso ci mettiamo in forma e si risolve tutto", mi promette. Massì. In fondo, come dice il detto

Con tanta pazienza e un po' di vaselina
Anche l'elefante ha inculato la formichina

Monday, January 07, 2008

Tolleranza Zero

Marabou Stork Nightmares. Irvine Welsh. In italiano, Tolleranza Zero. Regalo di natale del buon Bimbo, appassionatissimo di Welsh. Io con lo scozzesaccio di Edinburgo non avevo mai avuto a che fare, e finalmente ho letto un suo libro, con saldi in mente gli avvertimenti circa la crudezza dei libri del buon Irvine. I temi sono quelli che ci si può immaginare, insomma: droga, degrado urbano, hooliganismo, sesso violento. La cosa interessante è come è narrata l'intera faccenda: Roy Strang, il protagonista e narratore, è in coma, e svaria su tre piani. La realtà esterna che riesce a percepire, con grande paura di svegliarsi e ritrovarsi nelle grinfie della terribile famiglia in cui vive, la progressiva riscoperta del suo passato e il piano più profondo, una caccia al Marabù di vitale importanza per Roy, condotta assieme al buon Sandy Jameson. Libro per nulla facile da digerire, ma decisamente coinvolgente, tanto che me lo sono divorato nel giro di quattro giorni, almeno credo. Beh, mi è piaciuto, anche se non credo lo rileggerei volentieri, mettiamola così. Però bisogna dare a Welsh il merito di una narrazione magistrale, che mi ha lasciato avvinto alla storia fino all'ultimo capitolo. Consiglio crescita di pelo sullo stomaco prima della lettura comunque. Una cosa che non mi ha convinto è stata la traduzione, ma vorrei leggerlo in lingua originale prima di dare un giudizio definitivo. Certe cose, penso, sono anche volute, ma personalmente non mi sembravano le soluzioni più adatte, e alla lunga potevano dare sui nervi. Penultima osservazione: la Z è stata la protagonista di due degli ultimi libri che ho letto (qua c'era la Z di Zero, dei manifesti della campagna "Tolleranza Zero" lanciata a Edinburgo, da cui prende il titolo un capitolo e la versione italiana del titolo; in La Gang del Pensiero di Tibor Fischer c'era la Z di Zetetica), e in entrambi compariva a un certo punto un'enorme Z composta di parole. Conoscete altri libri che facciano questa cosa? Ovviamente esclusivamente con la Z. Ultima cosa: devo proporre a Irvine Welsh di scrivere un libro a 4 mani sulla tormentata vicenda umana di Jimmy Sandison, difensore centrale e capitano dell'Airdrieonians F.C., protagonista durante una semifinale di Scottish Cup contro il Dunfermline, di una decisione arbitrale piuttosto discutibile.

Volevo aiutarlo. Volevo aiutare tutte le persone che avevano subito torti, anche se quella che stavo vedendo era solo una cazzuta videocassetta di una partita di futbal. Non avevo mai visto un uomo così sconvolto di fronte a quello che secondo lui era un aborto di giustizia sportiva.

Saturday, January 05, 2008

Here we go again

Ricominciato gli allenamenti, e devo dire che è stato sfiancante. Il raggiungimento di quota 90 ha lasciato presagire una lunga battaglia campale, che è appena cominciata, e di cui sento le prime ferite. Fiato corto, caviglia ancora dolorante per via di quella decina di chili in eccesso, spasmi addominali e dolori vari per la tensione, mi è pure partita una fitta intercostale qualche ora dopo. Siccome è inaccettabile che a 22 anni stia conciato fisicamente peggio di un sessantenne, è ora di perdere questi chili, di mettermi in forma e di iniziare a fare sul serio. Essì, cazzo, questo è un manifesto programmatico. Sarà dura, ma Ce La Devo Farcela! Possa Dio guidare la bocca del mio istomico.
Bello ritornare in sede, anche se il freddo la rende molto meno casa e il disordine la rende molto meno accogliente di tante altre volte. Però il tavolo con i compagni, riso coi gamberi e pollo con anacardi, è sempre una goduria.

Thursday, January 03, 2008

Wednesday, January 02, 2008

Lock, Stock & Stomacicamente letargico


A minute ago this was the safest job in the world. Now it's turning into a bad day in Bosnia!

Il 2008 si è presentato sotto forma di digestione laboriosa. Sarà che alzarsi all'una e fare colazione con le gocciole e subito dopo passare al panino al salame non è stata una grande idea. O sarà che il mio migliore amico a Capodanno (tenutosi a Garzeno, 860 slm) è stato William. Poi la stanchezza ha fatto pagare pedaggio, e la sera son crollato testa sul tavolo della cena subito dopo l'antipasto. Son entrato nel mio lettino e mi son risvegliato all'una di notte. E mi son dato alla TV (quanto tempo che non guardavo la TV!), dove ho avuto modo di ascoltare una canzone dei Carbon/Silicon che mi piacicchiava e soprattutto ho avuto modo di rivedermi, grazie a una delle grandi proposte che rendono Mamma Rai ancora una grande rete televisiva, Lock, Stock & Two Smoking Barrels, stavolta tradotto in italiano (Lock & Stock, pazzi scatenati).

I asked for a refreshing drink, I didn't expect a fucking rainforest! I could fall in love with an orangutan in that!

Gangster movie londinese con una trama perfetta al millimetro, con battute pennellate con la precisione di un cecchino serbo (nonostante, ahimè, la traduzione non renda giustizia ad alcune di queste. In particolare l'inizio con il ricettatore che parla in rima a me è parsa una soluzione piuttosto dozzinale. Lo so, alcune cose le dice in rima, ma in italiano non rende un cazzo). La colonna sonora è ottima, dall'iniziale "100 Mile High City" degli Ocean Colour Scene, a James Brown, Iggy Pop & The Stooges ("I Wanna Be Your Dog"), Dusty Springfield, la grandiosa versione originale di "Police And Thieves" (Junior Marvin) e soprattutto, nella scena della sparatoria, i Gipsy Kings che rifanno "Zorba the Greek", il famosissimo sirtaki.

The entire British empire was built on cups of tea, and if you think I'm going to war without one, mate, you're mistaken.

Poi, beh, nanna. Sveglia tardiva, mi sento come reduce da un jet-lag alcoolico. La buona notizia è che nevica. La cattiva notizia è che ho lo stomaco che si sta strizzando, che solo a bere acqua fa male. La buona notizia è che però il caffè è andato giù liscio. La cattiva notizia è che a parte forse qualche frutto, temo che oggi digiunerò. Decompressione post-festiva. Poi dovrò rimettermi in regola, le feste mi han fatto superare quota 90, il che non è carino.

When you dance with the devil, you wait for the song to stop.

Dopo tutto questo, metterei una citazione geniale da Lock, Stock & Two Smoking Barrels e chiuderei il post con un'altra citazione dal medesimo (le minicitazioni che sto mettendo per scandire il ritmo del post). Ci metto anche un video, una scena grandiosa, costruita magistralmente. L'avviso (c'è anche un disclaimer) è che potrebbe svelare parte della trama e rovinarvi la sorpresa se avete intenzione di vedere il film. La citazione invece è questa:

Listen to this one then; you open a company called the Arse Tickler's Faggot Fan Club. You take an advert in the back page of some gay mag, advertising the latest in arse-intruding dildos, sell it a bit with, er... I dunno, "does what no other dildo can do until now", latest and greatest in sexual technology. Guaranteed results or money back, all that bollocks. These dills cost twenty-five each; a snip for all the pleasure they are going to give the recipients. They send a cheque to the company name, nothing offensive, er, Bobbie's Bits or something, for twenty-five. You put these in the bank for two weeks and let them clear. Now this is the clever bit. Then you send back the cheques for twenty-five pounds from the real company name, Arse Tickler's Faggot Fan Club, saying sorry, we couldn't get the supply from America, they have sold out. Now you see how many of the people cash those cheques; not a single soul, because who wants his bank manager to know he tickles arses when he is not paying in cheques!

It's been emotional.




(disclaimer: questa scena rivela parte della trama. E' altresì una delle scene migliori di tutto il film. Se volete vedere il film, se non lo avete ancora visto...meglio lasciar stare, vi rovinerebbe la visione)